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si guardava intorno battendo le palpebre.

«Smettila di dirmi di lasciarti andare» disse. «Non ti starò mai a

sentire. Voglio stare con te. Non ho mai voluto qualcosa con più forza

in vita mia. Se cadi, voglio cadere insieme a te.»

«Resta con me» rispose Magnus, prendendogli il viso tra le mani. I

fuochi che bruciavano intorno a loro, riflessi negli occhi di Alec,

diventarono stelle. «Adoro stare con te. Amo tutto di te, Alexander.»

Magnus lo attirò a sé e lo baciò, sentendo che si abbandonava tra le

sue braccia e rilassava i muscoli contratti. Sapeva di calore e terra e

sangue e paradiso. Sentì le ciglia di Alec sfiorargli la guancia come ali

di farfalla quando richiuse gli occhi.

«Ragazzi!» disse una voce femminile. «Sono felice che vi siate

ritrovati, ma ci sono membri del culto ovunque. Andiamo.»

Magnus alzò gli occhi sulla donna dai capelli scuri, una delle due

Shadowhunters che avevano aiutato Alec. La figlia di Jia Penhallow, si

rese conto. Poi guardò la devastazione che regnava ovunque arrivasse

lo sguardo.

L’atmosfera vibrava ancora di magia e parte della villa aveva preso

fuoco, ma sembrava che il pericolo fosse passato. Quasi tutti i membri

della Mano Scarlatta erano scappati; i restanti lo stavano facendo

oppure erano stesi a terra, feriti. Alcuni dei più fanatici e stupidi

stavano cercando di radunare le persone rimaste, per prendere il

controllo della situazione.

«Hai assolutamente ragione» disse Magnus alla ragazza Penhallow.

«Non è il momento giusto per l’amore. È il momento di levare le tende

all’istante.»

Lui e Alec si rimisero in piedi e si diressero insieme a Aline sul

davanti della villa. La zona sembrava libera da demoni e fanatici,

almeno per il momento. Helen era già lì e aveva legato Shinyun a una

colonna di marmo spezzata.

Shinyun stava in silenzio, a testa china. Magnus non sapeva se

fosse ferita o solo avvilita. Le due Shadowhunters erano immerse in

una fitta conversazione sussurrata: le studiò e d’un tratto riconobbe

quella bionda per averla vista alle riunioni del Consiglio. «Tu sei

Helen Blackthorn. Dell’Istituto di Los Angeles, giusto?»

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