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treno oscillava, rivolgendo un grazie silenzioso alla runa della

Destrezza che gli consentiva di mantenere l’equilibrio. Sollevò le

braccia e afferrò la T e la E all’inizio della parola INTERNATIONALE,

incastonata in lettere d’ottone sopra i finestrini dei vagoni. Non

doveva fare altro che tirarsi su e far oscillare le gambe slanciandole

sopra il tetto.

Avrebbe dovuto funzionare. Alec aveva compiuto imprese del

genere centinaia di volte durante l’addestramento. Ma la lettera T era

meno salda di quanto pensasse e quando fece leva si allentò con un

rumore metallico, le viti piegate e mezze divelte. Riuscì a portare sul

tetto solo una gamba prima che si staccasse del tutto. Cercò di trovare

un appiglio, con le braccia e le gambe divaricate contro la fiancata

convessa della carrozza.

«Tutto a posto?» gli urlò Magnus.

«Tutto secondo i piani!» Alec iniziò a scivolare lentamente, un

centimetro dopo l’altro.

Si sentì assalire da un’urgenza mai provata in vita sua. La

disperazione gli trasformò le mani in artigli. Con una forza che

nasceva solo dalla volontà di salvare Magnus, riuscì a trovare un

appoggio sotto il piede e ad arrampicarsi freneticamente sul tetto.

Prima che potesse rimettersi in piedi, qualcosa di grosso e pesante

gli arrivò addosso da dietro. Dei tentacoli gli si avvolsero attorno alle

gambe e alla vita, stringendo. Decine di minuscole ventose rosse lo

pizzicarono attraverso la stoffa bagnata della maglietta, bruciandogli

la pelle.

Alec si ritrovò a fissare i grandi occhi sporgenti e la mascella

spalancata di un demone Raum. Fece un rumore schioccante e cercò di

morderlo. Senza poter usare l’arco e impossibilitato a raggiungere la

spada angelica, Alec usò l’unica arma che aveva a disposizione. Alzò

il braccio e tirò un pugno in faccia al demone Raum.

Lo prese in un occhio e gli diede una gomitata sul muso. Alec

tempestò di colpi la faccia del demone finché i tentacoli non si

allentarono quel tanto da permettergli di divincolarsi dalla sua presa.

Cadde sulla schiena e si rialzò con una capriola, mettendosi in

ginocchio. Aveva in mano l’arco con la freccia incoccata e la lasciò

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