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Shinyun non gli prestò attenzione.

«Ero sepolta viva da cinque giorni quando la Mano Scarlatta venne

a salvarmi. Mi dissero che Asmodeo li aveva mandati a soccorrere sua

figlia. La gente di mio padre mi ha salvata perché mio padre veglia

sempre su di me. La mia famiglia mortale mi ha tradita e io li ho

uccisi. Asmodeo è l’unico che mi ama, ed è tutto ciò che io devo

amare. Ho trasformato la Mano Scarlatta da farsa a realtà, ed è tempo

di distruggere l’ultimo insulto. È tempo di eliminare te, Grande

Veleno. Ti ucciderò per aver insultato Asmodeo. Sacrificherò a lui la

tua vita immortale e lascerò che si scateni su questo mondo, e siederò

al suo fianco per tutta l’eternità come la sua amatissima figlia.»

«Sì, a proposito» disse Magnus. «Se tu avessi il potere di un

Principe dell’Inferno, me ne sarei accorto.»

«Se un qualunque stregone vivo avesse il potere di un Principe

dell’Inferno, governerebbe già questo mondo» gli disse Shinyun

impaziente. «Tutti gli stregoni sono figli di Asmodeo, se si dimostrano

degni. È quello che mi ha insegnato la Mano Scarlatta.»

«Quindi tu hai… adottato Asmodeo?» disse Magnus. «O lui ha

adottato te?»

La guardò. Non era entusiasta di essere prigioniero. Ancora meno

lo entusiasmava la prospettiva del destino inglorioso che lo attendeva.

Ma non riusciva a odiarla. Capiva perché era quello che era, le forze

che l’avevano plasmata e il modo in cui le sue stesse azioni avevano

gettato un’ombra sul suo passato.

«Non guardarmi così! Non voglio la tua pietà.» Shinyun fece un

passo avanti e gli mise le mani intorno al collo. Magnus tossì e soffocò:

gli stregoni erano immortali, non invulnerabili. Sarebbe morto se

privato di ossigeno. «Non sei mai stato degno» bisbigliò mentre lui

lottava per respirare. «La mia gente non avrebbe mai dovuto seguirti.

Mio padre non avrebbe mai dovuto onorarti. Il tuo posto appartiene a

me.»

Dopo un momento, Shinyun dovette essersi resa conto che stava

strangolando il suo cosiddetto sacrificio al padre. Mollò la presa.

Magnus si abbandonò all’indietro ansimando, mentre l’aria gli

entrava nei polmoni a fiotti.

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