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la-mano-scarlatta

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loro scendevano la scala nascosta.

Sulla parete di fondo della cantina c’era una gabbia di metallo

arrugginito, rinforzata da protezioni potenti. I demoni di Shinyun non

erano animali da compagnia. Erano guardiani. Tenevano alla larga gli

intrusi. Ed evitavano che ciò che c’era all’interno uscisse.

Aprì i catenacci ed entrò nella gabbia. I demoni sibilarono in

direzione del mucchio nell’angolo e lo stregone con la pelle verde,

sudicio, alzò la testa. Il volto era quasi nascosto da una massa

aggrovigliata di capelli che un tempo erano stati bianchi come la neve,

ma adesso erano grigi di sporcizia.

«Oh, sei viva» disse. «Peccato.»

Si appoggiò al mucchio di paglia e tela di sacco come se fossero

seta.

«Sono felice di vedere che non hai un bell’aspetto» aggiunse.

«Magnus Bane si è dimostrato un avversario più formidabile di

quanto ti aspettassi? Chi l’avrebbe detto? Aspetta, io te l’avevo detto

che non avevi possibilità contro di lui. Ripetutamente.»

Shinyun gli tirò un calcio feroce al plesso solare. Continuò a

prenderlo a calci finché non fu ricompensata da un gemito.

«Magari le cose non sono andate come speravo» disse con il fiatone.

«Ne sarai dispiaciuto quanto me. Ho un altro piano, un piano per tutte

le antiche maledizioni, e tu mi aiuterai.»

«Ne dubito» ribatté lui. «Non sono il tipo collaborativo.»

Shinyun lo colpì. Lo prese a calci finché lui si rannicchiò per il

dolore e lei distolse il viso per non fargli vedere che stava piangendo.

«Non hai scelta. Nessuno verrà a salvarti» disse con fredda

sicurezza. «Sei solo, Ragnor Fell. Tutti pensano che tu sia morto.»

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