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Figlia Maledetta

Scoprì che la Fossa faceva parte della villa, non era un’aggiunta

costruita dal culto: un anfiteatro circolare in pietra, incassato nel

terreno. Gradinate di pietra conducevano a un prato circolare al

centro, sul quale era stata eretta una piattaforma sopraelevata di assi

di legno grezzo. Due scalinate di pietra, una di fronte all’altra,

consentivano di salire sugli spalti o di scendere a livello del suolo, e

lungo le gradinate erano state sistemate panche di legno. Il prato era

semplice, fatta eccezione per diversi fiori di luna piantati

maldestramente in file che si intrecciavano a casaccio. La maggior

parte dovevano essere stati schiacciati dalla piattaforma di legno. I

seguaci del culto non mostravano alcun apprezzamento per il duro

lavoro del giardiniere, pensò Magnus.

Le file e file di panche erano gremite di seguaci. I posti erano tutti

occupati e c’erano altre persone che si accalcavano dietro. Magnus

supponeva che se lui doveva essere uno spettacolo, perlomeno c’era il

pienone.

I seguaci sedevano immobili e in silenzio. Erano vestiti tutti nello

stesso modo, con orrendi fedora e completi bianchi, con camicia

bianca e cravatta bianca. I conti della lavanderia del culto dovevano

essere astronomici.

I due uomini che un po’ scortavano e un po’ trascinavano Magnus

lo condussero giù per le scale, poi lo gettarono senza tanti

complimenti sul prato nei pressi della piattaforma. Magnus si

appoggiò sulle mani e sulle ginocchia, si alzò in piedi, salutò la folla

con la mano e fece un inchino plateale.

Non voleva morire in quella fossa banale, circondato dai pallidi

fantasmi di errori del passato, ma se doveva morire, aveva in mente di

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