Poesie di Ossian, antico poeta celtico

(194) BERATO aaS
Me giovinetto al buon Larmorre. Un rivo
Di gioja , un rivo le nostr' alme allora
Tutte inondò ; corremmo al mar , le spade
Snudammo a mezzo , implazìenti , ardenti
i)i bel foco guerrier , eh' allor soltanto
li Be la prima volta a noi concesse
li sospirato onor di pugnar soli.
Neil' oceàn scese la notte : i venti
Sen giro altrove , {y) mostrasi la Luna
Pallida e fredda , le rossicce stelle
Van trapungendo il vaporoso velo.
Lenta la nave si movea per 1' alto
Ver la costa di Berato , rispinta
L'onda ai scogli fremea. Che voce è quella,
Disse Toscàr , che a noi ne vien , confusa
Col rimbombo del mar? dolce , ma trista
Suona , qual d' ombre di cantori antichi.
Ossian , non veggo una donzella ? (s) è sola
Presso la rupe ; la testa le pende
Sopra il braccio di neve , oscura al vento
Le svolazza la chioma : udiamne il canto,
O figlio di Fingal ; somiglia al grato
Susurro placidissimo del Lava.
Giungemmo al golfo , ed ascoltammo intenti
La notturna donzella. -- E fino a quando
Dovrò sentirvi a risonarmi intorno,
sorde a' miei lamenti onde marine ?
Lassa 1 non fu già sempre oscuro speco
L' albergo mio , ne gli alberi e le balze
Della mia gioventù furo i compagni.
Nella sala di Tortomo la festa
persona una piccola guerra contro un iipmico oscuro, e noto
solo per un tratto di bassa malvagità. T. I.
(y) Era quasi affatto bonaccia.
(z) Era questa Ninathouia , abbandonata da Uthal.
Ossian T.IIL i5