Poesie di Ossian, antico poeta celtico

232 BERATO (390)
Corse a inselvarsi entro i suoi boschi, e il padre
Lo si credea; ma quei dormìa sepolto
Nella piaggia di Rotma eterno sonno.
Nel quarto dì spiegai le vele ai fresco
Nordico vento : il buon Larniòr sen venne
Fin sulla spiaggia ad onorarci , e il canto
Sciolsero i vati suoi : tutta era in festa
L'alma del Re; quando rivolse il ^juardo
Alla piaggia di Rotma , e di stio figlio
Vide la tomba sconosciuta ; a un punto
La rimembranza d' Uialo gli corse
Ratta allo spirto , e domandò : chi mai
Giace colà de' miei guerrieri V un duce
Par che lo mostri il monumento : er' egli
Fra noi famoso , anzi che '1 folle orgoglio
D'Utalo si destasse? . . . oiniè! che veggo?
Ohimè! figli di Berato, ciascuno
Tace , ciascun si volge altrove? ah ! dunque
Dunque è spento mio figlio ? Utalo , ah
(l'alma (5)
il tuo braccio
benché Mi si strugge per te !
Stender osasti contro il padre : oh fossi
Rimasto io sempre entro la grotta , ed egli
Fosse ancora in Fintormo ! avrei sovente
Udito il calpestìo de' piedi suoi
Quand' ei giva alla caccia ; avrebbe il vento
Recato a me della sua voce il suono ,
Ristoro alla mia doglia: or eh' egli è spento,
No^i ho più speme né conforto in terra
(f) Questo è lo stesso tratto di debole paternità che
uscì dalla borea del buon Davidde airamuinzio della mortr
(V Assalonne. Contristatus ilaqnc Hex a.xendit coennculum pov
trr , it /fcvit , et sic loqiEhiiliir : Fili >"i- Ah^alon Ahsuirn
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fili' mi , ijuis m.hi irihiuit ut g^ ms iui />.o .''
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