di Carlo Cassola

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io sai che gl'innamorati le cose se le ridicono centomila volte? n u Quali cose? «Ti voglio bene, ti amo, sei tutta la mia vita, sei come un sogno per me. Ma giusto, queste cose mica me le hai ancora dette. Dimmele, su. Dimmi: ti voglio bene. Anzi, no, prima dimmi: ti amo. » Bube stava zitto. « Ma allora Bubino non è vero che mi ami.n a Ma si che è vero. » a E allora dimmelo. «Ti amo» fece lui spazientito. aOh, no, Bubino; non cosi. Me lo devi dire col cuore. Ecco, cosi come te lo dico io: Ti amo... » Ma non lo disse col cuore, piuttosto con malizia e civetteria. «L'hai detto come I'ho detto io. u No. Io I'ho detto col cuore. Senti come I'ho detto: Ti a- mo ... ti amo, Bube, caro... ti amo, ti amo... » La sua voce si era fatta tenera; ma lei fingeva di essere commossa; in real- tà le veniva da ridere, e anche provava soddisfazione, al pensiero di come le riusciva bene recitare la parte del- l'innamorata. «Ora devi dirmelo te, tante volte quante te I'ho detto io. «Ora non mi viene)) disse Bube cupo. «Oh Bubino che dolore m'hai dato. » aSenti, Mara ... » ma non disse altro. Tiro fuori una sigaretta. « Ecco come fa: si mette a fumare e alla sua Mara non ci pensa più. Ciao, Bubino: io ti lascio; addi0.n «Dove vai? » ((Via, perché sei cattivo. Via per sempre, sai? E cosi tu rimarrai solo, cattivo Bubino ... » Bruscamente egli disse: «Smettila di far storie ... Vieni qua. » Lei si fermo, ma senza tornare indietro. Bube si alzo e la raggiunse: « Dove avevi intenzione di andare?
A un tratto lei si volto e scoppiò in una risata: a Giù al capanno. Perche mi e venuta fame, una fame da lupi! Devi essere stato tu n aggiunse languidamente u che mi hai fatto venir fame ... Mi hai baciato tanto ... n Egli si turbo subito, l'abbracciò, si curvo su di lei; le cer- cava la bocca, ma lei gli sfuggiva. u No, Bubino, no; ora no; ora bastan diceva in tono ab- bandonato, e lui sentiva crescere il desiderio. La strinse; lei si dibatteva; a un tratto esclamo: a Guarda Lidori n. Egli si affretto a lasciarla. u Non e vero, non c'e nessuno, ma io ho una gran fame e me ne vado a inangiare n e così dicendo si mise a correre giù per la discesa. Bube dopo un po' la seguì. C'erano rimaste due fette di prosciutto; Mara spezzò il pane e comincio a mangiare. Mangiava dawero come un'affamata, dando un morso al prosciutto e uno al pane; e intanto guardava Bube con tenerezza e ironia. Egli s'era ricomposto, faceva le cose con la calma abituale. Scocciò un uovo picchiandolo contro la ringhiera del letto, e lo bevve rovesciando la testa all'indietro. Si pulì la bocca col dorso della mano e butto via il guscio. Diede quindi un'oc- chiata giù nella strada: uÈ curioso che Lidori non sia ancora venuto ... Aveva detto che all'una al massimo sarebbe stato qui. n «E adesso che ore sono? n *Ieri sera mi dimenticai di caricare l'orologio ... Ma dev'essere tardi. Saranno forse anche le due. n Quando ebbe finito di mangiare, Mara disse: «Ora Bubino voglio dormire un po' perché sono stanca. Non far rumore, ti preg0.n Egli fumo una sigaretta seduto sullo scalino, poi si alzò; e rimase fermo a guardarla, rannicchiata sul letto. Di nuo- vo il desiderio lo invase, con la stessa intensità di prima, quando lei lo aveva eccitato con la sua ritrosia. Cautamen- te, senza far rumore, si stese al suo fianco. Gli sembrava,
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INTRODUZIONE Nell'estate del 1960,
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stata un errore; le speranze popola
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per ricostituire e riconsacrare un
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cuno che certo non la vale, perché
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suo passato più fastidio che rimor
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1942 Partecipa a un concorso per la
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alla primitiva poetica. Abbandona l
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BIBLIOGRAFIA Le opere di Carlo Cass
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LA RAGAZZA DI BUBE A Beppina
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piazzale. I calzoni gli scivolavano
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a Ti prometto che tengo le mani a p
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a Ma a me qualcosa m'hai fatto. n .
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mente il giovane. Mara si scosto da
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I1 padre si fermò, interdetto. *Er
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uvorrei vedere, fece il giovane con
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La porta fu socchiusa: era Liliana,
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metterti con uno che in fin dei con
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« Che camicetta? n aQuella che mi
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« Capomastro » rispose Liliana. M
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vernare scappava fuori: le prime or
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awicino al letto: Bube dormiva supi
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siero di avermi mandato a salutare.
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in fretta, e corse al forno. Ma non
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e, che scaccio la sua immagine e no
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a Ma sbrigati; che cosa aspetti? n
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co, certo, non potrebbe acchiappare
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do era proprio notte, sentiva l'imp
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«L'amnistia? Ah, sì, un'amnistia
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