di Carlo Cassola

a Ah ... piacere, signorina. s Mara non rispose nulla.
a Non volevi andare alla toeletta? le disse Bube. r È
quella porta li. n
La toeletta era un bugigattolo che prendeva luce da una
finestrella alta. Mara aveva richiuso la porta, ma non le
riuscì di tirare la stanghetta. "E ora?' Ma aveva troppo bi-
sogno di far la pipì, cosi si accucciò, sperando che non ve-
nisse nessuno.
Adesso che i suoi occhi si erano abituati a quella mezza
oscurità, in una rientranza distinse un minuscolo lavandi-
no. Il rubinetto era legato strettamente con uno spago; ma
un po' d'acqua gocciava lo stesso. Sopra una mensola di
vetro, era poggiato un grosso pettine a cui mancavano la
maggior parte dei denti. Mara si guardò nello specchio:
era in uno stato da far pietà, coi ciuffi quali ritti, quali
schiacciati.
u Non uscivi più n la rimprovero Bube.
u Mi son dovuta pettinare* si giustifico lei. r Con questi
stecchi ... m e rise. Passato il primo momento, l'amico di Bu-
be non le metteva più soggezione, benché si vedesse che
era di condizione sociale superiore alla loro. Era anche un
bel giovane, coi capelli soffici e ondulati, il viso rotondo e
un po' paffuto, la corporatura robusta.
u Ho aspettato te per ordinare m disse Bube. a Camerie-
re, chiamo con voce autoritaria.
u Vengo subito m rispose il cameriere.
u Ci vuole un po' di pazienza B disse il giovanotto sorri-
dendo. a Io sono qui da tre quarti d'ora, e ho avuto appena
il primo ... m
Bube tamburellava con le dita sul tavolo, con aria as-
sorta. Si riscosse:
a Insomma cameriere vieni o non vieni? Senno ce ne an-
diamo in un altro locale. JI
u Non posso mica farmi in quattro n ribatté il cameriere,
che stava servendo al tavolo vicino. Tuttavia di li a poco