di Carlo Cassola

«Perché non ti sei messe le altre scarpe? n la rimprovero
Bube. «Guarda come te le sei infangate. n
Mara si batte in fronte:
«Ma non ce le ho mica più. n Si mise a ridere: «Le ho di-
menticate al caffèn.
« Ah; e ci ridi anche? n
«Tanto erano vecchie e rotte. n
« Ma ora, t'avrebbero fatto comodo. n
«Ora, guarda in che modo faccio» si levo le scarpe e a
piedi nudi si avvio per il greto motoso. Era mota secca
però, che non attaccava. In un tratto un velo d'acqua scor-
reva sui ciottoli; Bube allora si scalzo anche lui. Memmo
invece lo attraversò camminando sui tacchi. I1 rigagnolo
vero e proprio non era piu largo di un paio di metri: lo su-
perarono con un salto.
Ora si trovavano in una specie di banco di ghiaia, con al
centro alcuni massi levigati e venati di bianco. «Vedi? n fe-
ce Bube soddisfatto. «Adesso ci possiamo anche prendere
il sole, come se fossimo al rnare.n E si levò la camicia e la
maglietta.
«Già, ma io come faccio?» disse Mara ridendo. u Non
posso mica rimaner nuda. » E aggiunse piano: «Se non ci
fosse quello li, potrei anche farlo D.
Bube la guardò; sembro turbato; ma si ricompose su-
bito:
«Te il sole lo pigli in viso e sulle braccia: ecco come fai. n
Ma lei insistette:
a Perché ti sei tirato dietro quello li? Ora si potrebbe fare
il comodo nostro. n
«Se me lo sono tirato dietro, vuol dire che ho le mie ra-
gioni ... Memmo è del comitato di liberazione. Voglio par-
lagli deila faccenda di San Donato. n
a Di' la verità: tu fai mostra che sia una cosa da niente; e
invece, sotto sotto, hai una bella paura.n
« Macché paura. n
«E allora, perché ne vuoi parlare a quello? n