di Carlo Cassola

a E tu che gli dai in cambio? Io, se avessi la fidanzata, e
mi chiedesse un regalo, le direi: subito bambina mia, prima
però voglio qualcosa io. B
«Che cosa?»
«Vai la che hai capito. Be', io bisogna che me ne vada.
Accidenti al lavoro n aggiunse con tono sconsolato.
Mara riprese a girellare. Le sembrava che gli uomini la
guardassero con insistenza e ammirazione. A un tratto si
accorse di essere seguita. Si fermo davanti a una vetrina.
Si fermo anche il giovanotto. "Ufi?", penso Mara. Che la
guardassero, le faceva piacere, ma che le venissero dietro,
le seccava e le faceva quasi paura.
Respirò sollevata vedendo Bube; e si affrettò ad andar-
gli incontro.
I tacchi alti cominciavano a stancarla: e poi faceva caldo,
e non c'era più niente da vedere. Sedettero su una panchi-
na di cemento nel giardinetto in mezzo alla piazza.
«Che ore sono?n
«Le undici e mezzo)) rispose Bube.
«Uff, che noia. Non vedo I'ora di essere a mezzogior-
no. B
«E perché? n
« Per andare a mangiare. n
«Hai già fame? n
«No, fame no... Ma non vedo l'ora di essere in trat-
toria. n
«Si va in quella dove ho mangiato ieri » dichiarò Bube.
« Insomma, qui è una noia, facciamo qualcosau disse
Mara dopo cinque minuti.
« Ma se hai detto che t'eri stancata a camminare. Aspet-
ta, m'e venuta un'idea: andiamo al caffè. n
Al caffè stentarono a trovare un tavolino libero, perché
era arrivata allora la corriera di Firenze, e parecchi viag-
giatori s'erano piazzati li, con le valige e i fagotti.
Presero una bibita. Mara veramente avrebbe voluto an-