di Carlo Cassola

a, e rise. a Ma tu, dovevi lasciarmi pagare a me; piii di mil-
le non gliene avrei date. B
*Sei matta? Al mercato, puoi tirare sul prezzo; ma mi-
ca in un negozio. n
I tacchi alti facevano un rumore secco sull'impiantito a
mattonelle. Mara un po' si guardava le punte lucide, un
po' sbirciava nelle vetrine per vedersi ,passare. Era tutta
un'altra figura che una faceva coi tacchi alti. Intanto, era
più alta: mentre prima arrivava poco più su della spalla di
Bube, ora gli arrivava all'orecchio. E poi, benché cammi-
nando non le riuscisse di specchiarsi bene, era sicura che le
forme del corpo venivano messe in risalto.
a Oh, ma bisogna portare la bicicletta in sezione B escla-
mo Bube. a Altrimenti finisce che me ne dimentico. B
«Vai n disse Mara.
aE tu?»
a Io girello per qui. n
Bube resto un momento incerto:
a Ma non ti allontanare, sennò rischiamo di perderci. B
a Non aver paura. n
a Faccio in un momento n disse ancora Bube.
Mara risali il portico. Si fermo davanti a una vetrina.
a Guarda chi c'è. n Si volto: era Mauro, in tenuta da la-
voro, con uno schizzo di calcina in fronte e la camicia che
gli usciva dai calzoni. «Che ci fai a Colle? B
a Niente. Sono insieme al mio fidanzato.~
u Allora è vero che sei fidanzata. n
aCerto che è vero, rispose Mara impermalita.
Mauro la osservava:
((Come ti sei fatta elegante ... anche le scarpe coi tac-
chi alti ... n
aTi piacciono? n disse Mara lusingata. a Sono un regalo
del mio fidanzato. n
a È ricco il tuo fidanzato? n
aBe', ricco no; ma insomma, guadagna bene. E sai, ba-
sta che gli chieda una cosa, me la regala subito.»