WALSERSPRACHE - The four main objectives of the Alpine Space ...
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Enrico Rizzi<br />
VIVA LA LINGUA WALSER!<br />
Enrico Rizzi<br />
“Viva la lingua Walser!” mi verrebbe spontaneo dire, tanta è la gioia,<br />
quasi l’emozione con la quale oggi vedo qui riuniti benemeriti esponenti<br />
delle comunità Walser e illustri studiosi, accumunati dall’impegno di salvare<br />
la lingua Walser, in questo passaggio difficile della vita sociale e culturale<br />
dei popoli minoritari. Tanto sono certo che questo slancio ideale,<br />
prima ancora che impegno culturale e civile, non potrà che dare frutti<br />
concreti. Perché il nostro non è più come in tutti questi anni passati, lo<br />
sforzo nobile, ma isolato, di individui pensosi sì di quanto la scomparsa<br />
di una lingua avrebbe significato una perdita di civiltà, ma privi tuttavia<br />
di strumenti sufficienti per contrastare quello che appariva un declino inevitabile.<br />
Oggi invece una nuova insperata scoperta, da parte del largo pubblico<br />
da una parte e delle istituzioni dall’altra, sono la testimonianza sempre<br />
più palpabile di un radicale mutamento di approccio, nel mondo culturale<br />
e scientifico in generale, ma anche nei pubblici poteri, verso l’esigenza<br />
di salvaguardare gelosamente questa antichissima lingua in pericolo di<br />
estinzione.<br />
Saremo ancora in tempo? Certo non si può qui tacere un po’ di amarezza<br />
per il fatto che questa sensibilità si affermi solo oggi, quando una<br />
parte almeno di questo patrimonio prezioso è andato perduto nel tempo.<br />
Avessimo potuto disporre trent’anni fa dei provvedimenti di legge (la<br />
legge 482 sulle minoranze linguistiche), del grande risveglio di iniziative<br />
a livello nazionale, regionale e locale che abbiamo oggi, degli stessi progetti<br />
europei, come quello Interreg sulla tutela dello spazio culturale alpino<br />
che rappresenta l’occasione del nostro incontro, e lo stimolo del<br />
nostro impegno di oggi!<br />
Trent’anni fa invece – i meno giovani tra di noi lo ricordano – lavoravamo<br />
nelle catacombe. Ancora all’inizio degli anni Ottanta del secolo passato,<br />
a qualcuno di noi capitò anche di essere inquisito dalla Digos, quasi<br />
fosse un sovversivo, sospettato di minare l’unità nazionale. L’insensibilità<br />
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