WALSERSPRACHE - The four main objectives of the Alpine Space ...

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Marco Angster forme sintetiche, il loro impiego è molto limitato e diminuisce dall’imperativo al presente indicativo, al congiuntivo I, tempo che, se non per esplicita richiesta agli informanti, viene formato sempre perifrasticamente. Unica eccezione è, come già anticipato più sopra, il congiuntivo II: le forme sintetiche di tale tempo, infatti, non sembrano più essere presenti nella competenza attiva degli informanti. Solo in questo caso si può dunque parlare con sicurezza di grammaticalizzazione della costruzione perifrastica; 3. gli usi del presente e le classi azionali dei verbi non appaiono favorire le forme perifrastiche o quelle sintetiche; 4. quanto alla particella causativa tunz, il costrutto causativo da essa formato appare l’unico caso di obbligatorietà delle forme perifrastiche. Tunz dipende sempre da tue nei tempi e nei modi che presentano forme perifrastiche costruite con questo verbo. Inoltre, appare invariabile ad ogni tempo e modo verbale (9), anche con i modali (10) e, sorprendentemente, anche al perfetto (11) dove ci si aspetterebbe, invece, una forma differente visto che tale tempo è costruito con gli ausiliari al presente combinati ad un participio passato. La forma causativa italiana faccio + INF è resa, dunque, in titsch dal costrutto éch tue tunz + INF. Dal punto di vista fono-morfologico, ciò dovrebbe indurci a pensare a tunz come ad una forma di infinito uscente in nasale, tun, cui si è agglutinato un elemento affricato, z, non chiaramente identificabile (può essere la preposizione z / zu con cui si introducono le infinitive, o l’articolo definito neutro singolare z / das). Ora, il fatto che gli infiniti in titsch attualmente terminino in vocale (“fare” non è tuen, ma tue) porta a pensare che la particella causativa si sia fissata in un momento più o meno remoto in cui gli infiniti dovevano terminare in nasale, come peraltro avviene ancora nel dialetto Walser di Issime dove “fare” è tun. Visto che la cristallizzazione di tunz dovrebbe essere avvenuta all’interno del costrutto perifrastico con “fare”, l’uso di queste forme si dimostrerebbe molto antico e stabile, almeno in combinazione con la forma causativa; queste conclusioni sono, tuttavia, da ritenersi congetture in quanto non adeguatamente confer- 87
mate da dati diacronici. (4) (5) (6) Johannes tu tunz ässe Péter “Giovanni” tue: IND:PRES:3SG CAUS “mangiare”: INF “Pietro” “Giovanni fa mangiare Pietro” du chantsch- es tunz 2SG:NOM “potere”: IND: PRES:2SG CL:3SG:N:ACC CAUS goa woa wélltsch “andare”: INF “dove” “volere”: IND: PRES:2SG “Tu puoi farlo andare dove vuoi” Mario hät tunz machò “Mario” “avere”: IND: PRES:3SG CAUS “fare”: INF z bròt dem Luca. DET:N:SG “pane”: SG DET: M: DAT “Luca” “Mario ha fatto fare il pane a Luca” Dallo studio dei dati sono apparse interessanti le interazioni tra l’uso della perifrasi e la presenza nelle frasi di elementi come pronomi clitici (12), negazione, avverbi e la particella progressiva eister (13), elementi, cioè, che si pongono in genere tra la forma flessa di tue e l’infinito del verbo principale. (7) tun- der redò déewé tue: IND:PRES:1SG CL:2SG:DAT “parlare”:INF “così” chantsch als wéssò “potere”: IND:PRES: 2SG “tutto” “sapere”:INF “Te lo dico perché tu lo sappia” (8) 88 LA PERIFRASI CON “FARE” NEL DIALETTO WALSER DI GRESSONEY
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