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Pagine di vita nel Canavese del basso Medioevo - Uni3 Ivrea

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molti <strong>di</strong> essi, il cui nome ci è stato tramandato dagli statuti comunali o da<br />

sentenze <strong>di</strong> condanna, si è persa la nozione. Non si sa in che cosa<br />

consistessero i lu<strong>di</strong> “ad terciam et ad quartam” conosciuti a Barbania e<br />

permessi solo <strong>nel</strong> caso che la posta <strong>del</strong> gioco fosse una merenda, una cena o<br />

un bicchiere <strong>di</strong> vino, né gli “scacheti” [apro una breve parentesi: a mio avviso,<br />

si tratta <strong>del</strong> gioco degli scacchi, e questa mia idea è confermata anche da<br />

Giuseppe Frola, <strong>nel</strong> glossario annesso al “corpus Statutorum”] o la “reynera”<br />

giocati a Pont, dove però erano permessi le “tabule sine excaci” e l’ “arcum<br />

lapi<strong>di</strong>s”, né il “ludus paleti et tabularum” praticato a San Benigno ed a Valperga<br />

né i giochi “bicacherarum macrorum vel grassorum vel foratorum rianete” e<br />

“paleti lapi<strong>di</strong>” in uso ad <strong>Ivrea</strong>, né il “ludus burrianarum” <strong>di</strong> Chivasso, ne quello<br />

“ad buschetam” giocato a Strambino [secondo me è quello <strong>del</strong>le bëschëtte,<br />

cioè dei fuscelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente lunghezza: chi estrae il più lungo, vince] né quello<br />

“ad listum” conosciuto a Bairo, né quello “ad dantetum” giocato a San Benigno.<br />

Grosso modo, ci si può invece fare un’idea circa il gioco dei da<strong>di</strong> (“taxilli”),<br />

<strong>del</strong>le bocce, biglie, archi e baliste, carte, anche se le sue regole si possono solo<br />

ipotizzare. Con ogni probabilità, il “ludus glaciarum” <strong>di</strong> cui si parla negli statuti<br />

<strong>di</strong> San Benigno, Valperga e Strambino era lo scivolamento sul ghiaccio che <strong>nel</strong><br />

1410 ad Andrate veniva proibito: il contravventore “qui se lezaret tempore<br />

nivis”, sia <strong>di</strong> giorno che <strong>di</strong> notte, veniva punito con una multa <strong>di</strong> 12 denari se <strong>di</strong><br />

età inferiore a 10 anni, <strong>di</strong> 5 sol<strong>di</strong> se superiore.<br />

Lasciamo ora Piero Venesia e conclu<strong>di</strong>amo con un’ultima annotazione.<br />

Era severamente proibito il gioco d’azzardo, perché, in un’età in cui la<br />

ricchezza, o almeno un po’ <strong>di</strong> agiatezza era una cosa assai rara, le per<strong>di</strong>te al<br />

gioco avrebbero potuto causare un’impennata <strong>del</strong> numero <strong>del</strong>le famiglie<br />

in<strong>di</strong>genti, quin<strong>di</strong> è naturale che i pubblici poteri cercassero <strong>di</strong> porvi un freno, se<br />

non proprio <strong>di</strong> eliminarlo. Quest’ultima era un’impresa impossibile, più che<br />

ardua. Infatti si considerava gioco d’azzardo qualunque gioco in cui la posta<br />

fosse costituita da denaro, ma per aggirare la <strong>di</strong>sposizione, i giocatori non<br />

mettevano in tavola <strong>del</strong> denaro: utilizzavano sassolini o altro, e<br />

successivamente chi aveva perso doveva provvedere a sborsare il denaro<br />

corrispondente, magari indebitandosi con gli usurai, rischiando <strong>di</strong> finire in<br />

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