Pagine di vita nel Canavese del basso Medioevo - Uni3 Ivrea
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3 – agricoltura 3: animali domestici e selvatici.<br />
La volta scorsa abbiamo parlato <strong>di</strong> numerose specie vegetali che in<br />
varie forme costituivano una <strong>del</strong>le basi <strong>del</strong>l’economia tardo me<strong>di</strong>evale <strong>nel</strong><br />
<strong>Canavese</strong> e fornivano gran parte <strong>del</strong>l’alimentazione tanto agli uomini quanto al<br />
loro bestiame. Proprio <strong>di</strong> animali, allevati o selvatici, tratteremo oggi, e ne<br />
vedremo l’utilizzazione sia come strumento e fonte <strong>di</strong> lavoro, sia come prezioso<br />
alimento.<br />
Partiamo dagli animali cui subito va il pensiero quando si tratta <strong>di</strong> <strong>vita</strong><br />
conta<strong>di</strong>na. Nella scala <strong>del</strong>l’importanza, il primo posto è senza dubbio occupato<br />
dai bovini. Essi non solo erano i precursori <strong>del</strong>le macchine agricole, perché<br />
aggiogati all’aratro alleviavano la fatica <strong>di</strong> preparare la terra per la semina,<br />
legati ad un carro trasportavano carichi ben superiori alle forze <strong>del</strong>l’uomo, ma<br />
fornivano, e lo fanno tutt’ora, il latte che con i suoi numerosi derivati, dal burro<br />
ai più svariati tipi <strong>di</strong> formaggio, arricchiva le mense dei nobili e <strong>del</strong>la povera<br />
gente, e a questi ultimi consentiva <strong>di</strong> avere una merce <strong>di</strong> scambio, mitigando<br />
così le ristrettezze in cui sempre si barcamenavano i meno abbienti. Le lunghe<br />
sere invernali, i conta<strong>di</strong>ni solevano trascorrerle <strong>nel</strong>le stalle, dove il fiato <strong>di</strong> quei<br />
bravi bestioni riscaldava l’ambiente e l’intera famiglia poteva trascorrere ore al<br />
riparo dai rigori esterni. Per non parlare dei loro escrementi che, mescolati alla<br />
paglia <strong>del</strong>le lettiere o messi a maturare fra strati <strong>di</strong> terra, i “terò”, fornivano<br />
l’unico, sano concime naturale per fertilizzare prati campi orti e vigne. Quando<br />
poi i bovini non erano più in grado <strong>di</strong> svolgere le loro funzioni lavorative o<br />
riproduttive, venivano macellati e nulla andava sprecato: la carne e le interiora<br />
erano destinate all’alimentazione, la pelle, conciata, era utilizzata per capi <strong>di</strong><br />
vestiario, calzature, ecc.; ripulita e raschiata fino a <strong>di</strong>ventare traslucida, poteva<br />
essere inchiodata alle finestre in sostituzione dei vetri, assolutamente al <strong>di</strong> là<br />
<strong>del</strong>le <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> una normale famiglia anche <strong>di</strong> livello non troppo <strong>basso</strong>.<br />
Uno dei principali motivi per cui si allevavano i bovini, il più<br />
<strong>di</strong>rettamente fruibile, era certo la produzione <strong>del</strong> latte e dei suoi derivati, che<br />
talvolta, però, potevano cagionare qualche grattacapo, come lascia intendere<br />
un capitolo degli Statuti <strong>di</strong> Pavone (sec. XIV, cap. 25), intitolato: Rubrica de<br />
panicio. Non è ben chiaro che cosa fosse questo panicio: era certo un latticino,<br />
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