Pagine di vita nel Canavese del basso Medioevo - Uni3 Ivrea
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Per chi conosce il piemontese, sarà chiaro il significato <strong>di</strong> “faudata”:<br />
“faoda” e “faodal” in<strong>di</strong>cano il grembiule, quin<strong>di</strong> la “faudata” era la quantità <strong>di</strong><br />
uva che poteva stare <strong>nel</strong> lembo <strong>del</strong> grembiule sollevato. La “corbelata” era la<br />
quantità contenuta in una corba, un corbello, cioè una cesta <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a<br />
grandezza. La “seglata”, infine, in<strong>di</strong>cava una “bracciata”.<br />
Ad Oglianico (1558, cap.7), sempre in tema <strong>di</strong> furti, si nominano la<br />
gavella, altrove chiamata anche “gabella”, cioè un manipolo <strong>di</strong> grano, e la<br />
gerba (garba, in altri Statuti), cioè un fascio <strong>di</strong> grano <strong>di</strong> quattro manipoli. Per<br />
il furto <strong>di</strong> fave o <strong>di</strong> altri legumi si <strong>di</strong>sponeva così: ...per ogni baccello <strong>di</strong> fave,<br />
da <strong>di</strong>eci baccelli in su, e lo stesso per gli altri legumi, per ogni baccello due<br />
sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> multa, un terzo a favore <strong>del</strong>l’illustre Curia, un terzo per il console, un<br />
terzo per chi ha presentato l’accusa ...<br />
In una regione a prevalente vocazione conta<strong>di</strong>na, è naturale che molte<br />
fossero le misure agrarie. Alcune <strong>di</strong> esse sono sopravvissute ben oltre<br />
l’introduzione <strong>del</strong> sistema metrico decimale: almeno due, la tavola e la<br />
giornata, sono tutt’ora usate dai conta<strong>di</strong>ni piemontesi <strong>nel</strong> linguaggio corrente.<br />
Le denominazioni erano assai varie, talvolta legate ad un singolo paese,<br />
il che non agevolava certo la comprensione <strong>del</strong> loro valore.<br />
Ecco quin<strong>di</strong> ad Azeglio (sec. XV, cap. 59) la bulconia, misura agraria<br />
in<strong>di</strong>cante, come <strong>di</strong>ce il Frola <strong>nel</strong> suo “glossario”, la quantità <strong>di</strong> terreno che era<br />
possibile a coltivarsi da una famiglia con una coppia <strong>di</strong> buoi. Corrispondeva<br />
dunque ad una giornata <strong>di</strong> 100 tavole. La tavola era un quadrato avente il<br />
lato lungo due trabucchi. Quest’ultimo era costituito da 6 pie<strong>di</strong> lipran<strong>di</strong>,<br />
ognuno dei quali misurava cm 51,432.<br />
Secondo la “Tableau des Mesures Agraires du Piemont reduites au<br />
nouveau sisteme des mesures de France”, compilato a seguito <strong>del</strong>la riforma<br />
napoleonica dei sistemi metrici e riportato dal Caran<strong>di</strong>ni in “Vecchia <strong>Ivrea</strong>”<br />
(pag. 591), una giornata equivaleva a 10 are e 96 centiare.<br />
Il trabucco era forse la più <strong>di</strong>ffusa misura lineare canavesana, (tanto da<br />
dare origine ad un cognome tutt’oggi presente). Esso compare ad esempio<br />
<strong>nel</strong>le franchigie concesse a Balangero <strong>nel</strong> 1342, a proposito <strong>del</strong>la costruzione<br />
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