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Pagine di vita nel Canavese del basso Medioevo - Uni3 Ivrea

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si usasse il bronzo per fabbricare <strong>del</strong> pentolame, e ritengo piuttosto che con<br />

eris si intendesse proprio il rame, ma siccome alla metà <strong>del</strong> quattrocento il<br />

latino ormai si era notevolmente allontanato dal latino <strong>del</strong>la classicità, gli<br />

estensori <strong>di</strong> quel capitolo, per e<strong>vita</strong>re equivoci, alla parola eris più dotta ma<br />

ormai incomprensibile a troppa gente, affiancano aramis, popolare e vicina<br />

all’italiano “rame” ed ancor più al piemontese aràm.<br />

Dal capitolo degli statuti <strong>di</strong> Chivasso riportato poco fa, abbiamo<br />

scoperto che si lavorava l’oro. Infatti i torrenti <strong>del</strong>la zona, in particolare l’Orco,<br />

trasportavano una <strong>di</strong>screta quantità <strong>di</strong> pagliuzze d’oro; non <strong>di</strong>mentichiamo che<br />

sul versante biellese <strong>del</strong>la Serra vi era un’importante aurifo<strong>di</strong>na, ora<br />

naturalmente esaurita, ma <strong>di</strong> cui rimane ben visibile l’enorme <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> pietre<br />

da cui i cercatori d’oro ricavavano le pepite più o meno gran<strong>di</strong>: è il parco <strong>del</strong>la<br />

Bessa.<br />

Gli Statuti <strong>di</strong> Pont (1351, cap. 1) nominano anche fucine per l’estrazione<br />

<strong>del</strong>l’argento (argenteriarum).<br />

Come si vede, non solo a Brosso vi era attività mineraria, anche se<br />

altrove era abbastanza marginale rispetto ad altre attività economiche.<br />

A Balangero (1391, cap. 85) era vietato scavar miniere <strong>di</strong>etro il castello<br />

dall’inizio <strong>di</strong> marzo alla festa <strong>di</strong> Ognissanti, ma dalla formulazione <strong>del</strong>la norma<br />

si ha l’impressione che si trattasse piuttosto <strong>di</strong> cave <strong>di</strong> argilla e non <strong>di</strong> ricerca e<br />

sfruttamento <strong>di</strong> filoni metalliferi. Ciò sarebbe confermato anche dagli Statuti <strong>di</strong><br />

Bairo (1409, cap. 91) dove appren<strong>di</strong>amo un curioso malvezzo: Stabilirono che<br />

se qualcuno costruirà un e<strong>di</strong>ficio o aprirà una cava in una via pubblica o su un<br />

terreno comunale, fuori dai luoghi dove c’è la consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> andare a cavar<br />

creta, pagherà ogni volta due sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> multa e dovrà rimettere in sesto la via e<br />

ciò che ha <strong>di</strong>strutto.<br />

La stessa cosa capitava a Chivasso ((1468, cap.16), dove però si poteva<br />

essere autorizzati, ma ad una con<strong>di</strong>zione: Se sarà concessa l’autorizzazione dai<br />

consoli, chi porterà via la creta dalla pubblica strada, dovrà riempire il buco<br />

fatto per prendersi la creta con altra terra.<br />

L’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> far buchi per le strade o lungo le fortificazioni non era<br />

ignota neppure a Foglizzo (1387, cap. 29): Se qualcuno recherà danni <strong>nel</strong>le<br />

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