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licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...

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104 Capitolo 10 - La previgente disciplina sanzionatoria<br />

Aliunde perceptum La Suprema Corte è costante nell’affermare che con la locuzione «aliunde<br />

perceptum» non deve intendersi qualsiasi reddito di lavoro percepito dal<br />

lavoratore successivamente al licenziamento, ma solo quello conseguito<br />

espletando attività lavorativa in un’occupazione oggettivamente equivalente<br />

a quella perduta per effetto del licenziamento stesso. Naturalmente,<br />

l’onere di provare che il danno subìto dal lavoratore sia inferiore a quanto<br />

presunto dalla legge è a carico del datore di lavoro, il quale deve dimostrare<br />

non solo che il lavoratore licenziato ha assunto nel frattempo una<br />

nuova occupazione ma anche quanto con essa percepito (aliunde perceptum),<br />

essendo questo il fatto che riduce l’entità del danno presunto (Cass.<br />

29.8.2000, n. 11341; Cass. 9.4.2003, n. 5532 e Cass. 5.4.2004, n. 6668).<br />

È invece oggetto di contrasto giurisprudenziale il problema della computabilità,<br />

quale aliunde perceptum, dell’indennità di disoccupazione percepita dal<br />

lavoratore licenziato e successivamente reintegrato. A tale riguardo, è stato<br />

recentemente affermato che il risarcimento del danno spettante a norma<br />

dell’art. 18 della L. n. 300/1970, commisurato all’importo delle retribuzioni<br />

che sarebbero maturate dalla data del licenziamento, non può essere diminuito<br />

degli importi eventualmente ricevuti a titolo di indennità di mobilità,<br />

che si sottraggono alla regola della compensatio lucri cum damno in quanto<br />

tali somme, percepite ad altro titolo dall’istituto previdenziale, con l’annullamento<br />

del licenziamento perdono il titolo giustifi cativo e devono essere restituite<br />

a richiesta dell’ente previdenziale, con la conseguenza che non realizzano<br />

un effettivo incremento patrimoniale del lavoratore (Cass. 28.4.2010,<br />

n. 10164; più recentemente, nel merito, Trib. Ascoli Piceno, 17.12.2010).<br />

Aliunde percipiendum Quanto, poi, ai danni che il lavoratore avrebbe potuto evitare usando<br />

l’ordinaria diligenza (il cd. aliunde percipiendum), la Suprema Corte<br />

ha precisato al riguardo che poiché il co. 2 dell’art. 1227 c.c., nell’escludere<br />

che il creditore possa avere diritto al risarcimento dei danni<br />

che lo stesso avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, e nel<br />

porre, quindi, sul suddetto creditore il dovere di non aggravare con il<br />

fatto proprio e con la propria condotta il pregiudizio subìto, fa esplicito<br />

riferimento all’elemento della colpa, il giudice deve prendere in considerazione<br />

non ogni comportamento che astrattamente possa aggravare<br />

il danno, ma solamente quel comportamento che eccede i limiti<br />

dell’ordinaria diligenza (Cass. 14.6.1994, n. 5766).<br />

Con riferimento alla rilevanza dell’aliunde percipiendum ai fi ni della quantifi<br />

cazione dell’indennità di cui all’art. 18 S.L. può assumere rilievo anche la<br />

mancata iscrizione nelle liste di collocamento, non come circostanza di per<br />

sé suffi ciente a ridurre il danno risarcibile, bensì come circostanza valutabile<br />

nell’ambito dell’intera condotta del lavoratore, tenendosi conto altresì delle<br />

effettive e concrete possibilità di nuova occupazione (Cass. 16.3.2002, n. 3904).<br />

Retribuzione globale<br />

di fatto<br />

Il parametro di calcolo dell’indennità prevista dall’art. 18 S.L. è rappresentata<br />

dalla retribuzione globale di fatto mensile percepita dal lavoratore<br />

o che questi avrebbe dovuto percepire in base alla qualifi ca a lui<br />

spettante.<br />

La giurisprudenza di legittimità ha recentemente statuito che la nozione di<br />

“retribuzione globale di fatto” quale parametro di computo sia del risarcimento<br />

del danno conseguente alla declaratoria di invalidità del licenziamento<br />

nell’ambito della c.d. tutela reale sia per la determinazione dell’indennità<br />

sostitutiva della reintegrazione ex art. 18, co. 5, S.L., deve essere<br />

riferita non solo alla retribuzione base ma anche a ogni compenso di carattere<br />

continuativo che si ricolleghi alle particolari modalità della prestazione<br />

in atto al momento del licenziamento, tra le quali devono essere ovviamente<br />

inclusi anche i ratei delle mensilità aggiuntive annualmente corrisposte.<br />

Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong>

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