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licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...

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Capitolo 3 - Il procedimento disciplinare<br />

stitutivo dell’illecito e non mero criterio di determinazione della sanzione, la recidiva deve essere<br />

esplicitamente contestata, a pena di nullità della sanzione stessa (Cass. 10.1.2011, n.<br />

313). Di contro, non è indispensabile che di essa si faccia esplicita menzione nella contestazione<br />

disciplinare laddove venga utilizzata soltanto per evidenziare il particolare grado di gravità<br />

delle mancanze, quale mero criterio determinativo della sanzione che si ritiene proporzionata<br />

(Cass. 20.2.2012, n. 2433).<br />

3.6 Requisito della immodifi cabilità<br />

La contestazione è immutabile, nel senso che fatto contestato e fatto posto a fondamento<br />

della sanzione applicata debbono corrispondere.<br />

Il principio dell’immutabilità della contestazione deve essere inteso in relazione alla sua<br />

funzione di garanzia del diritto di difesa del lavoratore, cosicché è esclusa la possibilità di<br />

modifi care il fatto addebitato, inteso con riferimento alle modalità dell’episodio e al complesso<br />

degli elementi di fatto connessi all’azione del dipendente.<br />

In particolare, l’immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di far valere, a<br />

sostegno delle sue determinazioni disciplinari, circostanze nuove rispetto a quelle contestate,<br />

tali da implicare una diversa valutazione dell’infrazione disciplinare anche diversamente tipizzata<br />

dal codice disciplinare apprestato dalla contrattazione collettiva (Cass. 28.8.2000, n. 11265).<br />

È stato peraltro precisato che in relazione alle garanzie previste dall’art. 7, legge 300/1970,<br />

per l’applicazione di sanzioni disciplinari, il principio di immutabilità della contestazione non<br />

può dirsi violato nell’ipotesi in cui l’addebito contestato al lavoratore sia formulato con riferimento<br />

alla condanna penale riportata dal lavoratore (nella specie, per violazione di segreto<br />

di uffi cio) e il successivo licenziamento disciplinare sia invece motivato con la violazione<br />

di obbligazioni contrattuali, ma tanto la contestazione quanto il provvedimento disciplinare<br />

facciano univoco riferimento agli stessi fatti materiali, non controversi (Cass. 19.12.1992, n.<br />

13464).<br />

Inoltre, in tema di risoluzione del rapporto di lavoro è stato chiarito come il principio della<br />

immutabilità della contestazione riguardi le circostanze di fatto su cui è fondato il licenziamento<br />

e non già la qualifi cazione dell’infrazione addebitata al lavoratore; pertanto tale principio<br />

non è stato giudicato violato allorché il giudice abbia ritenuto la legittimità del licenziamento<br />

perché i fatti contestati dal datore di lavoro al dipendente integravano l’ipotesi della giusta<br />

causa, benché gli stessi fatti fossero stati addotti dal datore di lavoro nell’atto di recesso per<br />

motivare l’asserito mancato superamento del periodo di prova da parte del lavoratore medesimo<br />

(Cass. 23.1.1987, n. 668; nello stesso senso, si registra un caso in cui il giudice ha ritenuto<br />

che le condotte del lavoratore, qualifi cate dal datore di lavoro come “abbandono del posto di<br />

lavoro”, costituissero invece “dichiarazioni false”, Cass. 29.8.2011, n. 17743).<br />

In ogni caso, poi, il principio in esame impedisce di attribuire rilevanza ad altre mancanze<br />

non addebitate al lavoratore, ma non preclude la valutazione di altri fatti che non vengono<br />

considerati come cause autonome di recesso ma come circostanze confermative dei fatti contestati<br />

e della loro gravità (Cass. 15.5.1984, n. 2964).<br />

In particolare, l’integrazione dell’originaria formulazione delle censure non determina<br />

una modifi cazione della contestazione allorché le circostanze nuove addotte dal datore di<br />

lavoro non risultino determinanti per l’esatta individuazione e comprensione dei fatto oggetto<br />

di censura, ma riguardino allegazioni volte a fornire precisazioni e chiarimenti a tal scopo<br />

non essenziali. Ad esempio, per la giurisprudenza di legittimità, sarebbero tali le comunicazioni<br />

fi nalizzate a correggere imprecisioni circa la denominazione di un locale pubblico (piz-<br />

Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong><br />

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