licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...
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Capitolo 13 - Licenziamento del dirigente d’azienda e di altre categorie particolari di lavoratori<br />
13.15 Lavoratore domestico<br />
L’art. 4 della L. 11.5.1990, n. 108, individua due specifi che ipotesi di rapporto di lavoro ancora<br />
assoggettate al regime della libera recedibilità (art. 2118 c.c.): quella dei lavoratori domestici<br />
e quella dei lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici.<br />
Al rapporto di lavoro domestico, dunque, non sono applicabili per espressa previsione normativa<br />
né l’art. 1 né l’art. 2 della citata L. 108/1990 e, quindi, né la tutela obbligatoria e neppure<br />
quella reale, atteso il carattere spiccatamente fi duciario del rapporto medesimo.<br />
Peraltro, sebbene la L. 2.4.1958, n. 339, richiamata dalla disposizione in esame, non si riferisca<br />
a tutti i prestatori di lavoro domestico ma solamente a coloro i quali prestino la loro<br />
attività per almeno quattro ore giornaliere presso il medesimo datore di lavoro, si deve ritenere<br />
che anche quei prestatori di lavoro che osservino un orario inferiore siano esclusi dalla tutela<br />
obbligatoria ovvero reale e ricadano nel regime della libera recedibilità.<br />
13.16 Lavoratrici madri e lavoro domestico<br />
A fronte di numerosi dubbi interpretativi da più parti sollevati, la Corte di Cassazione ha<br />
infi ne affermato la sussistenza del divieto di licenziamento anche per le lavoratrici domestiche<br />
(Cass. 22.6.1998, n. 6199).<br />
Secondo la Suprema Corte, infatti, un’aprioristica esclusione dell’applicabilità al lavoro domestico<br />
delle norme poste a tutela della maternità e paternità non è più sostenibile rispetto a valori<br />
preminenti come quelli garantiti dagli artt. 31 e 37 della Costituzione, nonché agli impegni internazionali<br />
assunti dall’Italia attraverso la Convenzione n. 103 della Organizzazione<br />
Internazionale del Lavoro (OIL), ratifi cata con L. 19.10.1970, n. 864 e la Carta sociale europea, ratifi<br />
cata con L. 3.7.1965, n. 929, le quali prevedono senza eccezioni - e anzi la prima con esplicito riferimento<br />
al “lavoro domestico salariato effettuato in case private” (art. 1, co. 3, lettera h) - un congedo<br />
obbligatorio della lavoratrice correlato con il divieto di licenziamento durante tale periodo.<br />
Soltanto riguardo alla durata del periodo garantito, la Corte di Cassazione si discosta dal<br />
citato art. 54 del D.Lgs. 26.3. 2001, n. 151, per applicare gli artt. 2110 e 2239 c.c., in quanto il<br />
divieto operante fi no al compimento di un anno di età del bambino presupporrebbe un’organizzazione<br />
aziendale e risulterebbe quindi eccessivamente oneroso rispetto alla convivenza familiare.<br />
E’ garantito pertanto alla lavoratrice domestica il diritto alla conservazione del posto di<br />
lavoro per un periodo la cui durata dev’essere stabilita dai contratti <strong>collettivi</strong> o, in mancanza,<br />
determinata dal giudice secondo equità (art. 2110 c.c.).<br />
Al riguardo, il Contratto Collettivo di categoria sottoscritto dalle associazioni dei datori di<br />
lavoro e dei lavoratori domestici in data 16.2.2007, all’art. 24, ha stabilito la durata del divieto<br />
di licenziamento a partire dall’inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto<br />
di lavoro, fi no al termine del congedo di maternità, salva ovviamente la sussistenza di una<br />
giusta causa di licenziamento.<br />
13.17 Lavoratore a domicilio<br />
Il rapporto di lavoro a domicilio costituisce una forma di decentramento produttivo, disciplinato<br />
dalla L. 18.12.1973, n. 877, successivamente modifi cata dalla L. 16.12.1980, n. 858. In<br />
Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong><br />
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