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licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...

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Capitolo 6 - Il licenziamento per giustifi cato motivo oggettivo<br />

Tale onere, inoltre, può essere anche assolto mediante il ricorso a risultanze probatorie di<br />

natura presuntiva e indiziaria.<br />

Sempre sul medesimo argomento, la Corte di Cassazione afferma che tale onere, concernendo<br />

un fatto negativo, va assolto mediante la dimostrazione di correlativi fatti positivi, come<br />

la circostanza che i posti di lavoro relativi a mansioni equivalenti fossero, al tempo del recesso,<br />

stabilmente occupati, o che dopo il licenziamento – e per un congruo periodo – non sia stata<br />

effettuata alcuna assunzione nella stessa qualifi ca e per l’espletamento delle stesse mansioni<br />

(Cass. 13.7.2009, n. 16323; più di recente, Cass. 30.11.2010, n. 23926).<br />

Peraltro, sebbene spetti al datore di lavoro l’onere probatorio circa l’obbligo di repechâge,<br />

esiste comunque un preciso onere di deduzione ed allegazione del lavoratore che impugna il<br />

licenziamento circa la possibilità di una sua diversa utilizzazione nell’impresa con mansioni<br />

equivalenti, con la conseguenza che ove il lavoratore non prospetti nè indichi alcun elemento<br />

a tale riguardo nel ricorso introduttivo, non sorge neppure l’obbligo dell’imprenditore della<br />

prova dell’impossibilità di un diverso e conveniente utilizzo del dipendente licenziato (Cass.<br />

4.12.2007, n. 25270; Cass. 2.4.2004, n. 6556; da ultimo, Cass. 8.2.2011, n. 3040).<br />

Per quanto concerne l’individuazione delle mansioni analoghe al fi ne dell’assolvimento<br />

della prova in questione, occorre fare riferimento all’art. 2103 c.c. Il datore di lavoro dovrà dare<br />

prova dell’incollocabilità del lavoratore con riferimento alle mansioni da quest’ultimo espletate<br />

ed alle competenze acquisite in azienda o in altre affi ni senza essere tenuto ad individuare<br />

sue possibili utilizzazioni nell’ambito di competenze del tutto diverse, per il solo fatto, ad<br />

esempio, dell’avvenuto conseguimento di un titolo di studio genericamente riferibile a tali diverse<br />

competenze (Cass. 14.9.1995, n. 9715).<br />

Sotto altro profi lo la giurisprudenza maggioritaria ritiene che non sussiste alcun obbligo del<br />

datore di lavoro di verifi care, al fi ne di evitare il licenziamento, se vi siano possibilità di adibire il<br />

lavoratore a mansioni inferiori, anche se non mancano recenti e alquanto discutibili pronunce di<br />

segno opposto che, in ipotesi di soppressione del posto di lavoro, si sono spinte sino ad affermare<br />

che il datore di lavoro ha l’onere di provare non solo che al momento del licenziamento non<br />

sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, ma anche di aver prospettato,<br />

senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego del lavoratore in mansioni inferiori<br />

«rientranti nel suo bagaglio professionale», purchè tali mansioni siano compatibili con l’assetto<br />

organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall’imprenditore (Cass. 1.7.2011, n. 14517).<br />

In una sentenza la Suprema Corte ha affermato, riallacciandosi ad una precedente pronuncia<br />

delle Sezioni unite (Cass., Sez. Un., 7.8.1998, n. 7755), che la dequalifi cazione del lavoratore<br />

allo scopo di evitare il licenziamento può essere ammessa solo se sia l’effetto di un accordo<br />

tra le parti con il quale - da un lato - il datore di lavoro dia atto, almeno implicitamente, che<br />

non vi sono ostacoli all’inserimento del dipendente demansionato nell’assetto aziendale e -<br />

dall’altro - il lavoratore accetti il suddetto demansionamento.<br />

Infatti il patto di demansionamento - che, ai soli fi ni di evitare un licenziamento, attribuisce<br />

al lavoratore mansioni inferiori a quelle per le quali era stato assunto o che aveva successivamente<br />

acquisito – costituisce non già una deroga all’art. 2103 c.c., norma diretta alla regolamentazione<br />

dello jus variandi del datore di lavoro e, come tale, inderogabile, bensì un adeguamento<br />

del contratto alla nuova situazione di fatto, sorretto dal consenso del lavoratore, che<br />

presuppone l’impossibilità di assegnare al lavoratore mansioni equivalenti a quelle da ultimo<br />

svolte e la manifestazione – sia pure in forma tacita – della disponibilità del lavoratore ad accettarle<br />

(Cass. 25.11.2010, n. 23926; Cass. 5.8.2000, n. 10339).<br />

La prova dell’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore ad altre mansioni deve essere<br />

assolta con riferimento all’epoca del licenziamento e prendendo in considerazione l’intero<br />

complesso aziendale e non il solo reparto ove era addetto il lavoratore licenziato, salvo il caso<br />

di rifi uto del lavoratore medesimo a trasferirsi altrove.<br />

Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong><br />

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