licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...
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146 Capitolo 13 - Licenziamento del dirigente d’azienda e di altre categorie particolari di lavoratori<br />
13.23 Job sharing<br />
Il D.Lgs. 276/2003 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il contratto di lavoro ripartito<br />
o job sharing, defi nito quale «uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori<br />
assumono in solido l’adempimento di una unica e identica obbligazione lavorativa».<br />
In tale fattispecie due dipendenti (la norma non prevede la possibilità che i lavoratori siano<br />
più di due) si obbligano in via solidale ad eseguire, a favore dello stesso datore di lavoro, una<br />
prestazione corrispondente ad un rapporto di lavoro (sia esso part-time o full-time), con facoltà<br />
dei medesimi - «fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti o<br />
accordi <strong>collettivi</strong>» - di ripartire l’impegno contrattualmente assunto e di gestire la «misura»<br />
delle reciproche presenze in maniera del tutto autonoma e discrezionale (artt. 41, co. 3, e 43,<br />
co. 2).<br />
Anteriormente alla promulgazione della cd. Riforma Biagi, il Ministero del Lavoro, con la<br />
propria circolare del 7.4.1998, n. 43, aveva già attribuito piena legittimità nel nostro ordinamento<br />
giuridico allo job sharing, precisando che «in mancanza di una auspicabile regolamentazione<br />
della fattispecie da parte della contrattazione collettiva nazionale e aziendale, la disciplina<br />
del lavoro ripartito sarà dunque rimessa all’autonomia negoziale delle parti, ferma<br />
restando in ogni caso l’applicabilità della normativa generale del rapporto di lavoro subordinato,<br />
per quanto non incompatibile con la particolare natura del rapporto de quo».<br />
Con specifi co riferimento al tema del licenziamento di uno dei lavoratori co-obbligati, l’art.<br />
41, co. 5, del D.Lgs. 276/2003 stabilisce che, fatta salva una diversa disciplina prevista nel contratto<br />
individuale di lavoro ripartito, il recesso attuato nei confronti di un lavoratore risolve ex<br />
lege ed automaticamente anche il rapporto di lavoro con il secondo dipendente co-obbligato.<br />
Tale disposizione non trova applicazione nell’ipotesi in cui quest’ultimo, su richiesta del<br />
datore di lavoro, si renda disponibile ad adempiere, in tutto o in parte, anche l’obbligazione<br />
lavorativa relativa al lavoratore licenziato, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma<br />
in un normale contratto di lavoro subordinato.<br />
13.24 Job on call<br />
Il D.Lgs. 276/2003 ha altresì introdotto il lavoro intermittente o job on call (art. 33, co. 1), cui<br />
può farsi ricorso «per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente<br />
secondo le esigenze individuate dai contratti <strong>collettivi</strong> stipulati da associazioni dei datori e<br />
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale».<br />
Per quanto riguarda la disciplina del recesso, occorre in primo luogo osservare come «il<br />
contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo determinato» (art. 33,<br />
co. 2); in questo caso, pertanto, le conseguenze del licenziamento intimato ante tempus saranno<br />
le medesime già esposte con riferimento al contratto di lavoro a termine.<br />
Nella diversa ipotesi di contratto di lavoro intermittente stipulato a tempo indeterminato, in<br />
difetto di una specifi ca previsione da parte della novella legislativa, pare lecito ritenere che la<br />
disciplina del licenziamento e delle sue conseguenze debba essere identica a quella generale<br />
prevista per il recesso dal rapporto di lavoro subordinato.<br />
Peraltro, il D.Lgs. 276/2003 disciplina in maniera peculiare l’ipotesi in cui il lavoratore, con<br />
la sottoscrizione del contratto in esame, si sia obbligato a rispondere alla chiamata del datore<br />
di lavoro, percependo a fronte dell’assunzione di tale obbligo l’indennità di disponibilità: «il<br />
rifi uto ingiustifi cato di rispondere alla chiamata può comportare la risoluzione del contratto, la<br />
Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong>