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licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...

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Capitolo 8 - Nullità e ineffi cacia del licenziamento<br />

Sotto altro profi lo, è opportuno evidenziare la previsione del settimo comma del citato art.<br />

35, secondo cui la lavoratrice che, invitata a riassumere servizio a seguito della dichiarazione<br />

di nullità del licenziamento, dichiari di recedere dal contratto, «ha diritto al trattamento previsto<br />

per le dimissioni per giusta causa», ovvero all’indennità sostitutiva del preavviso. Tale disposizione,<br />

infatti, va letta alla luce del nuovo testo dell’articolo 18 S.L., in base al quale alla<br />

lavoratrice licenziata per causa di matrimonio, oltre al diritto di ricevere le retribuzioni sin lì<br />

perdute, è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione<br />

nel posto di lavoro, un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la<br />

cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro (cfr. Capitolo 11).<br />

Ciò premesso, non appare verosimile che la lavoratrice goda simultaneamente di entrambe le<br />

citate forme di tutela. Infatti, una guarentigia così rafforzata non convince sia sotto il profi lo sistematico<br />

sia alla luce della giurisprudenza sin qui registrata in tema di preavviso e tutela reale (ex<br />

plurimis, Cass.8.6.2006, n. 13380). Di conseguenza, sembra potersi ritenere che la disposizione di<br />

cui all’art. 35, co. 7, D.Lgs. 198/2006, sia stata tacitamente abrogata dalla L. 28.6.2012, n. 92.<br />

8.4 Licenziamento della lavoratrice madre<br />

La terza fattispecie di licenziamento nullo di cui al primo comma dell’art. 18 S. L. riguarda il<br />

recesso intimato alla lavoratrice madre nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza e il<br />

compimento di un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione<br />

del congedo parentale e per malattia da parte della lavoratrice o del lavoratore, o intimato<br />

al lavoratore padre per la durata del congedo di paternità e sino al compimento di un anno del<br />

fi glio o, infi ne, in caso di adozione o affi damento (così richiamando quanto previsto dall’art. 54,<br />

D.Lgs. 26.3.2001, n. 151). Il citato art. 54, co. 5, D.Lgs. 151/2001, sancisce, infatti, che «il licenziamento<br />

intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, è nullo».<br />

Il comma 1 della disposizione in esame ribadisce che «le lavoratrici non possono essere licenziate<br />

dall’inizio del periodo di gravidanza fi no al termine dei periodi di interdizione dal lavoro<br />

previsti dal Capo III, nonché fi no al compimento di un anno di età del bambino».<br />

8.4.1 Deroghe al divieto<br />

Il comma 3 dello stesso art. 54 riprende l’ipotesi tassativa, già prevista dalla L. 1204/1971,<br />

nelle quali non opera il divieto di licenziamento, ovverossia i casi:<br />

«a. di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto<br />

di lavoro;<br />

b. di cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;<br />

c. di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del<br />

rapporto di lavoro per la scadenza del termine;<br />

d. di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all’art. 4, L.<br />

10.4.1991, n. 125 (art. 4, co. 1, 2 e 3 L. 10.4.1991, n. 125), e successive modifi cazioni».<br />

Quanto all’inoperatività del divieto di licenziamento della lavoratrice madre per colpa grave,<br />

si segnala che, secondo la giurisprudenza di legittimità, «la colpa grave non può ritenersi<br />

integrata da una giusta causa o da un giustifi cato motivo soggettivo, ma richiede quella colpa<br />

specifi camente prevista, connotata appunto dalla gravità, e proprio per questo diversa dalla<br />

Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong><br />

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