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licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...

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20 Capitolo 3 - Il procedimento disciplinare<br />

di quello fi duciario, occorre valutare - da un lato - la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in<br />

relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati<br />

commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale, e - dall’altro - la proporzionalità fra tali<br />

fatti e la sanzione infl itta. Con particolare riguardo a quest’ultimo aspetto, viene preso in considerazione<br />

ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fi ducia del<br />

datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto di lavoro si risolva in un pregiudizio<br />

per gli scopi aziendali, essendo determinante, ai fi ni del giudizio di proporzionalità, l’infl<br />

uenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che,<br />

per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio<br />

la futura correttezza dell’adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente<br />

gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e<br />

correttezza (Cass. 12.2.2012, n. 2014; Cass. 15.4.2011, n. 8774; Cass. 17.1.2011, n. 924).<br />

Valga peraltro aggiungere che l’art. 30, co. 3, L. 4.11.2010, n. 183 (cd. Collegato Lavoro) stabilisce<br />

al riguardo che «nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene<br />

conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustifi cato motivo presenti nei contratti <strong>collettivi</strong> di<br />

lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti <strong>individuali</strong><br />

di lavoro ove stipulati con l’assistenza e la consulenza delle commissioni di certifi cazione di<br />

cui al titolo VIII del decreto legislativo 10.9.2003, n. 276, e successive modifi cazioni».<br />

Nello stesso senso, ma in maniera ancor più incisiva, la recentissima L. 28.6.2012, n. 92, attribuisce<br />

valore vincolante alle tipizzazioni di giusta causa (e di “giustifi cato motivo soggettivo”,<br />

cfr. Capitolo 5) contenute nei contratti <strong>collettivi</strong> e nei codici disciplinari applicabili al rapporto di<br />

lavoro: l’art. 1, co. 42, di tale norma prevede infatti che nelle ipotesi in cui «il fatto rientra tra le<br />

condotte punibili con una sanzione conservativa <strong>sulla</strong> base delle previsioni dei contratti <strong>collettivi</strong><br />

ovvero dei codici disciplinari applicabili», il giudice «annulla il licenziamento» ed applica il<br />

regime sanzionatorio previsto in ipotesi di licenziamento disciplinare invalido (cfr. Capitolo 11).<br />

Sul punto, la giurisprudenza sin qui pronunciatasi ha costantemente affermato che le clausole<br />

della contrattazione collettiva che prevedono per specifi che inadempienze del lavoratore<br />

l’irrogazione del licenziamento non esimono il giudice dalla necessità di accertare in concreto<br />

la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente ed il rapporto di proporzionalità<br />

tra sanzione e infrazione (Cass. 24.10.2000, n. 13983), tenendo conto delle circostanze del<br />

caso concreto e della portata soggettiva della condotta.<br />

3.19 Previsione della contrattazione collettiva<br />

Quando il contratto collettivo punisca con sanzione disciplinare non espulsiva un determinato<br />

comportamento del lavoratore, non è consentito al giudice di merito di apprezzare tale<br />

condotta quale ragione di irrimediabile lesione del rapporto fi duciario legittimante il recesso<br />

del datore di lavoro, sempre che, peraltro, vi sia integrale coincidenza tra la fattispecie contrattualmente<br />

prevista e quella effettivamente realizzata, restando per contro quella valutazione<br />

possibile (e doverosa) quando la condotta del lavoratore sia caratterizzata da elementi<br />

aggiuntivi estranei (ed aggravanti) rispetto all’ipotesi contrattuale (Cass. 29.4.1998, n. 4395).<br />

Il principio di proporzionalità della sanzione irrogata al fatto addebitato non esclude però<br />

che il datore di lavoro possa applicare una sanzione meno grave di quella prevista dal contratto<br />

collettivo applicato al rapporto (Cass. 13.8.1991, n. 8828).<br />

La mancanza di proporzionalità tra addebito e sanzione rende la sanzione stessa illegittima.<br />

Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong>

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