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licenziamenti individuali e collettivi - Osservatorio Permanente sulla ...

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114 Capitolo 11 - La nuova disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 18 S.L<br />

Se così è, pare lecito concludere che, laddove l’addebito contestato risulti accertato come<br />

esistente (quantomeno a livello processuale) e le norme applicabili al rapporto di lavoro risolto<br />

non contengano previsioni circa la necessaria “proporzionalità” della sanzione in ispecie<br />

concretamente irrogata, e cioè laddove la contrattazione collettiva (se applicabile) non abbia<br />

alcuna previsione disciplinare e si sia in assenza di codici disciplinari vigenti in azienda, il giudice<br />

potrà solo condannare il datore di lavoro ad una somma risarcitoria: diversamente, non è<br />

dato comprendere quali possano essere le “altre ipotesi” menzionate dalla norma.<br />

Appare evidente, pertanto, la portata “storica” della norma: pur con i dovuti distinguo, soprattutto<br />

relativamente alla forcella tra minimo e massimo dell’indennità risarcitoria, la tutela<br />

reale sin qui garantita in caso di licenziamento non assistito da giusta causa e giustifi cato<br />

motivo soggettivo viene meno, venendo introdotta anche per i datori di lavoro oltre la soglia<br />

fatidica dei 15 dipendenti una tutela obbligatoria che richiama quanto previsto dal 1966 dalla<br />

L. 604: coerentemente con quella impostazione, la dichiarazione giudiziale di avvenuta risoluzione<br />

in ogni caso del rapporto conferma la validità del recesso dal rapporto. Il licenziamento<br />

in questo caso, da annullabile come in precedenza ritenuto, diventa atto giuridico valido a<br />

tutti gli effetti. Il che certamente comporterà nel breve la necessità di verifi care ogni volta le<br />

concrete disposizioni della contrattazione collettiva di settore e/o aziendale o l’esistenza di<br />

codici disciplinari applicati nell’unità produttiva.<br />

11.2.3 Violazione della procedura disciplinare<br />

Infi ne, il giudice potrà disporre la condanna al pagamento di una differente indennità risarcitoria,<br />

compresa tra un minimo di 6 ed un massimo di 12 mensilità di retribuzione, laddove<br />

rilevi, nell’ambito del licenziamento disciplinare, un mero vizio formale o l’inosservanza della<br />

procedura disciplinare di cui all’art. 7 S.L. (per la procedura, cfr. supra Capitolo 3). La stessa<br />

indennità si applica anche per i casi di violazione dell’obbligo di motivazione contestuale nella<br />

lettera di recesso nonché in caso di violazione della procedura preventiva prevista per il licenziamento<br />

per giustifi cato motivo oggettivo: in tutte le tre fattispecie sopra ricordate viene fatta<br />

salva l’ipotesi che il recesso sia viziato anche da difetti di giustifi cazione sostanziale, nel qual<br />

caso si applicherà la disciplina propria prevista per questi ultimi.<br />

ALCUNI DUBBI INTERPRETATIVI<br />

Non può non sottolinearsi come il sistema di tutele delineato relativamente al licenziamento disciplinare<br />

appaia, allo stato, foriero di numerosi dubbi interpretativi, nonché di probabili problematiche<br />

applicative.<br />

Non è chiaro, in primo luogo e principalmente, quale dovrebbe essere la linea di demarcazione che<br />

separa le diverse fattispecie di annullabilità del licenziamento disciplinare, ovvero quali siano in<br />

concreto “le altre ipotesi” di illegittimità del licenziamento disciplinare, oltre a quelle dell’infondatezza<br />

e della sproporzionalità “assoluta” (da intendersi quella in contrasto con disposizioni specifi -<br />

che derivanti da contrattazione collettiva o codice disciplinare): per la loro capacità omnicomprensiva<br />

dei possibili difetti di giustifi cazione, queste due categorie appaiono esaustive dell’annullabilità<br />

del recesso per colpa del lavoratore.<br />

L’interpretazione surriferita circa la riferibilità delle ipotesi in cui il giudice debba condannare alla<br />

sola indennità risarcitoria in caso di sproporzionalità “relativa” (ovvero in assenza di disposizioni<br />

disciplinari specifi che da parte delle fonti eteronome richiamate dall’art. 18, co. 4) appare l’unica in<br />

grado di ricollegare una qualche utilità applicativa alla disposizione in commento.<br />

Inoltre, non è dato comprendere in che modo debba essere interpretato il concetto di “inesistenza”<br />

del fatto contestato al lavoratore, se esso presupponga l’assoluta insussistenza del fatto o, invece,<br />

corrisponda (come sembra più probabile) alla mancata prova in giudizio da parte del datore di lavoro<br />

dell’addebitabilità di tale fatto al lavoratore licenziato.<br />

Licenziamenti <strong>individuali</strong> e <strong>collettivi</strong><br />

– continua –

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