Infezioni delle vie urinarie nell'adulto - SNLG-ISS
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<strong>Infezioni</strong> <strong>delle</strong> <strong>vie</strong> <strong>urinarie</strong> nell’adulto. Linea guida regionale<br />
Quesito 19.<br />
Quando indicare l’utilizzo di un catetere urinario<br />
permanenza<br />
a<br />
Dal momento che la presenza di un catetere vescicale si associa non solo a<br />
colonizzazione del tratto urinario, ma anche a disagio per il paziente (Kohler-Ockmore,<br />
Feneley, 1996), a durata maggiore del ricovero (The Joanna Briggs Institute, 2000), ad<br />
aumento di morbidità/mortalità (Landi et al., 2004) e a costi aggiuntivi (National<br />
Collaborating Centre for Nursing and Supportive Care, 2003), si raccomanda di ricorrere<br />
a questo presidio solo in assenza di valide alternative, come nel caso di ostruzioni<br />
organiche non risolvibili chirurgicamente, o di incontinenza non altrimenti gestibile<br />
(National Collaborating Centre for Nursing and Supportive Care, 2003; Gould et al., 2010;<br />
Hooton et al., 2010). In tutti i casi la necessità clinica di mantenere il catetere in situ<br />
dovrebbe essere rivalutata periodicamente e il catetere urinario dovrebbe essere rimosso<br />
prima possibile (National Collaborating Centre for Nursing and Supportive Care, 2003;<br />
Tenke et al., 2008; Gould et al., 2010; Hooton et al., 2010) (Box 1). In caso di intervento<br />
chirurgico senza coinvolgimento <strong>delle</strong> <strong>vie</strong> <strong>urinarie</strong>, ad esempio, sulla base di una revisione<br />
sistematica (Griffiths, Fernandez, 2007) si può indicare la rimozione del catetere<br />
precocemente, senza vincoli al criterio minimo <strong>delle</strong> 24-48 ore (Tenke et al., 2008).<br />
Questa raccomandazione è rafforzata dai risultati di un’altra revisione sistematica che<br />
dimostra che la rimozione precoce del catetere (1 giorno versus 3 giorni) anche in caso<br />
di intervento sul tratto genitourinario, si associa a un dimezzamento del rischio di IVU:<br />
RR 0,50, IC 95% da 0.29 a 0.87 (Phipps et al., 2006).<br />
In una quota non trascurabile di casi la presenza del catetere urinario non trova invece<br />
giustificazione clinica: in circa il 50% <strong>delle</strong> donne studiate nella survey italiana del<br />
Progetto finalizzato “Invecchiamento”, non c’era una motivazione valida per la presenza<br />
del catetere (Landi et al., 2004). Lo stesso studio riportava altre esperienze: in uno<br />
studio nord-americano l’indicazione all’inserimento del catetere era ingiustificata nel 21%<br />
dei pazienti ricoverati, mentre nel 47% dei casi risultava inappropriato il mantenimento in<br />
situ del catetere; l’errore più frequente era l’eccessivo protrarsi del cateterismo<br />
al fine di monitorare l’emissione di urine (Jain et al., 1995). Il monitoraggio <strong>delle</strong> urine,<br />
laddove possibile, può infatti basarsi su metodi alternativi: l’uso del condom-catetere<br />
negli uomini in grado di cooperare si associa ad esempio a minore rischio di batteriuria<br />
(Tenke et al., 2008); il peso dei pannoloni nelle donne istituzionalizzate si è rivelato<br />
fattibile e utile in un’esperienza bolognese. L’incontinenza di per sé non costituisce<br />
un’indicazione al posizionamento del catetere vescicale. La necessità di ricorrere al<br />
cateterismo vesciale solo quando indispensabile è ribadita nella linea guida italiana sulla<br />
gestione del paziente con ictus cerebrale “SPREAD”: il catetere urinario a permanenza è<br />
raccomandato solo per pazienti con grave disfunzione cerebrale. La linea guida sottolinea<br />
inoltre che, nonostante le disfunzioni vescicali siano comuni nei primi giorni dopo<br />
l’episodio acuto, esse migliorano spontaneamente (AA.VV., 2007).<br />
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Dossier 190<br />
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