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Un ‘landmark’: la sedia del diavolo<br />
Per una visita normale forse il momento più suggestivo è il tardo agosto,<br />
quando – come dice Lucano nella ‘Pharsalia’ – il contadino apulo<br />
brucia le stoppie dei campi esausti e con questo calore prepara la terra<br />
per seminare le erbe invernali: renovare parans hibernas Apulus herbas<br />
igne fovet terras. Però, dice Saverio sindaco di Pietra<br />
Montecorvino mentre guida il fuoristrada, tra non molto tempo sarà<br />
proibito dar fuoco alle stoppie. Approfittiamo quindi per interiorizzare<br />
qualche piccola sciara di fuoco, questo colore grigio intenso dei campi<br />
ondulati, dopo l’oro scintillante del grano mietuto. E’ anche il momento<br />
di raccogliere il grano arso, eventualmente, per fare i cavatelli.<br />
Da quassù – e meglio ancora dal torrione di Terravecchia – il<br />
Subappennino, il Tavoliere, il Gargano e qualche volta l’Adriatico<br />
appaiono come un territorio omogeneo dalla morfologia composita. Ma<br />
la violenza delle intenzioni umane si sovrappone spesso alla chiarezza<br />
della natura, e questo panorama è stato squassato nei secoli da diverse<br />
faglie geopolitiche. La fondazione stessa di Montecorvino, all’inizio<br />
del Mille, si deve al bisogno di colmare una di queste faglie. Si voleva<br />
dare certezza a un confine – tra il mondo bizantino e quello longobardo<br />
– che si sarebbe dissolto proprio nel niente, pochi anni dopo.<br />
Strano destino. Ricorda la capitale armena di Ani, ad oriente<br />
dell’Anatolia. Rovine sontuose esposte a un sole carezzevole che invitava<br />
a scattare foto. Ed era mortalmente proibito trent’anni fa, perché<br />
la costa del monte accanto era già Unione Sovietica. Lì, in Turchia,<br />
vigeva il Patto Atlantico. Una delle frontiere roventi del pianeta, trent’anni<br />
fa. Adesso non fanno più storie: il confine si è raffreddato a<br />
beneficio di fotocamere analogiche e digitali, reflex, videocamere, telefonini<br />
e qualunque sistema di riproduzione dell’immagine.<br />
Le opere umane hanno talvolta una loro indispettita volontà di resistenza.<br />
Siamo ai piedi della torre di Montecorvino: quella che dopo tre<br />
assedi e un terremoto ha perso una facciata intera, e pertanto sembra un<br />
seggiolone enorme in mezzo alle ondate di campi di grano. Il nome di<br />
‘sedia del diavolo’ se lo è meritato perché non si capisce chi altro la ter-<br />
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