16.12.2012 Views

Untitled

Untitled

Untitled

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

se rimane un filo di sospetto: non sarà una nostra costruzione culturale<br />

questa estetica della nuda pietra, questo sospetto davanti all’intonaco<br />

pur venerando?<br />

Ma se l’esterno potrebbe essere in vari altri posti, l’interno di Santa<br />

Maria di Devia non si può pensare altrove. Non tanto per il colore di<br />

carne delle muraglie, per le colonne a conci di pietra che risentono del<br />

tempo e delle integrazioni conservative, per l’evidenza plastica delle<br />

tre absidi ognuna delle quali ha una propria vita, per il pavimento che<br />

racconta la storia. E nemmeno per i capitelli cubici di austero sapore<br />

dorico o per la ricercatezza della ghiera che alleggerisce la vista degli<br />

archi. No: la cosa che non potrebbe essere altrove sono gli affreschi,<br />

soprattutto in due catini di abside e nel fianco destro. Per qualcuno che<br />

non ha ancora fatto l’abitudine alla multiculturalità delle Terre<br />

Foggiane, questi affreschi sono fonte di sorpresa.<br />

Prima di tutto bisogna dire: grazie di resistere. La città di Devia si spopola<br />

assai presto, e lo stato degli edifici segue le alterne fortune della<br />

Abbazia madre di Tremiti. Più tardi cercheremo di guardarla con il<br />

binocolo e ci racconteremo qualche storia. Ma sappiamo che, senza<br />

patire gli oltraggi recenti di Montecassino, la sua lunghissima vita è<br />

stata assai contrastata. Lo stesso è successo evidentemente alla filiazione<br />

di Devia, che a presidio della chiesa e a supporto gestionale degli<br />

affari in terraferma aveva certamente un monastero di cui solo la fantasia<br />

può dirci qualcosa. Si sa dalla memoria del luogo che nel tempo<br />

degli eremiti hanno custodito le sacre mura e il loro silenzio. Che l’edificio<br />

è stato adattato ad utilizzi rurali. Ma dalla documentazione fotografica<br />

sappiamo anche che per decenni il tetto è rimasto sfondato, e<br />

neppure per gli attrezzi agricoli si poteva ricorrere a questo riparo. I<br />

cambiamenti di clima, la pioggia, l’aria marina, i visitatori vandalici<br />

potrebbero aver ridotto gli affreschi a fantasmi muti, a mura dilavate.<br />

E invece no. Evidentemente i restauri sono stati fatti a regola d’arte.<br />

Chiaramente i venti asciutti hanno impedito di marcire o il fiorire di<br />

salnitro. Sicuramente gli artisti decoratori hanno usato arriccio e pigmenti<br />

di prima qualità e tecniche pittoriche magistrali. Il committente,<br />

infine, è stato esigente e non ha lesinato sui pagamenti. Certo non pen-<br />

83

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!