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se rimane un filo di sospetto: non sarà una nostra costruzione culturale<br />
questa estetica della nuda pietra, questo sospetto davanti all’intonaco<br />
pur venerando?<br />
Ma se l’esterno potrebbe essere in vari altri posti, l’interno di Santa<br />
Maria di Devia non si può pensare altrove. Non tanto per il colore di<br />
carne delle muraglie, per le colonne a conci di pietra che risentono del<br />
tempo e delle integrazioni conservative, per l’evidenza plastica delle<br />
tre absidi ognuna delle quali ha una propria vita, per il pavimento che<br />
racconta la storia. E nemmeno per i capitelli cubici di austero sapore<br />
dorico o per la ricercatezza della ghiera che alleggerisce la vista degli<br />
archi. No: la cosa che non potrebbe essere altrove sono gli affreschi,<br />
soprattutto in due catini di abside e nel fianco destro. Per qualcuno che<br />
non ha ancora fatto l’abitudine alla multiculturalità delle Terre<br />
Foggiane, questi affreschi sono fonte di sorpresa.<br />
Prima di tutto bisogna dire: grazie di resistere. La città di Devia si spopola<br />
assai presto, e lo stato degli edifici segue le alterne fortune della<br />
Abbazia madre di Tremiti. Più tardi cercheremo di guardarla con il<br />
binocolo e ci racconteremo qualche storia. Ma sappiamo che, senza<br />
patire gli oltraggi recenti di Montecassino, la sua lunghissima vita è<br />
stata assai contrastata. Lo stesso è successo evidentemente alla filiazione<br />
di Devia, che a presidio della chiesa e a supporto gestionale degli<br />
affari in terraferma aveva certamente un monastero di cui solo la fantasia<br />
può dirci qualcosa. Si sa dalla memoria del luogo che nel tempo<br />
degli eremiti hanno custodito le sacre mura e il loro silenzio. Che l’edificio<br />
è stato adattato ad utilizzi rurali. Ma dalla documentazione fotografica<br />
sappiamo anche che per decenni il tetto è rimasto sfondato, e<br />
neppure per gli attrezzi agricoli si poteva ricorrere a questo riparo. I<br />
cambiamenti di clima, la pioggia, l’aria marina, i visitatori vandalici<br />
potrebbero aver ridotto gli affreschi a fantasmi muti, a mura dilavate.<br />
E invece no. Evidentemente i restauri sono stati fatti a regola d’arte.<br />
Chiaramente i venti asciutti hanno impedito di marcire o il fiorire di<br />
salnitro. Sicuramente gli artisti decoratori hanno usato arriccio e pigmenti<br />
di prima qualità e tecniche pittoriche magistrali. Il committente,<br />
infine, è stato esigente e non ha lesinato sui pagamenti. Certo non pen-<br />
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