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per attenuare lo stress del viaggio nell’oltretomba. Non dobbiamo<br />

lasciarci influenzare dal fiorire di tombe vuote. E’ la ‘Sindrome etrusca’.<br />

Ma Monte Saraceno è terra di viventi. Persone e comunità che si<br />

sono sentite bene qui, fin dal Neolitico di certo, ma forse da prima.<br />

Hanno costruito abitazioni e difese. Hanno tenuto accanto a sé i loro<br />

morti per non dissipare la coerenza del gruppo e rafforzare l’energia<br />

dello stare accanto. Questo ci sembra di sentire mentre la luce, piegando<br />

al tramonto, non illumina più il fondo delle tombe.<br />

Non ci riconosciamo invece nella folle cavalcata che Massimo<br />

D’Azeglio attribuisce (dubitativamente, è vero) a Ettore Fieramosca, il<br />

capuano eroe della Disfida di Barletta. Distrutto per la perdita dell’amata<br />

Ginevra, avrebbe incitato l’altrettanto amato cavallo fino al precipizio<br />

sul mare. E oltre.<br />

Archita o il ’ Leonardo’ da Taranto<br />

E’ certa invece l’accoglienza che la spiaggia di Matinum, tra le due braccia<br />

montuose, offre a uno dei sommi personaggi dell’antichità: Archita<br />

di Taranto, il matematico, ingegnere, scienziato, astronomo, condottiero,<br />

filosofo, poeta, uomo poltico. Hanno dato il suo nome al cratere<br />

lunare nel Mare Frigoris. Da sé invece ha dato il nome a una sua scoperta,<br />

la ‘Curva di Archita’, che a una persona normale fa impressione<br />

solo a vederne la formula; serve a raddoppiare il volume di un cubo.<br />

Di questa salma che i marosi accompagnano da Salona ci parla Orazio.<br />

Egli era di Venosa, tre secoli più giovane di Archita, e poteva conoscere<br />

sia le cose di Taranto che i segreti dell’Adriatico vicino.<br />

Te maris et terrae numeroque carentis harenae<br />

Mensorem cohibent, Archytas,<br />

Pulueris exigui prope latum parua Matinum<br />

Munera nec quicquam tibi prodest<br />

Aerias temptasse domos animoque rotundum<br />

Percurrisse polum morituro.<br />

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