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eccellenza che richiede buoni studi preliminari e continuo aggiornamento.<br />
Faceva in modo che qualsiasi cosa scrivesse o facesse, nel più<br />
piccolo comune o nella sede più prestigiosa, si avesse della<br />
Soprintendenza un’alta considerazione.<br />
Non amava il sensazionalismo nella ricerca archeologica, i cercatori<br />
dell’eccezionale, i cacciatori di reliquie: sapeva bene quanti danni ha<br />
fatto all’indagine archeologica la ricerca di qualcosa in particolare, che<br />
ha portato a distruggere quanto non serviva.<br />
Non amava la pubblicità a tutti i costi, l’annuncio intempestivo, prima<br />
che lo scavo fosse chiuso e messo in sicurezza e se ne fosse garantita<br />
la custodia. Si meravigliava però anche dello spazio che le agenzie di<br />
stampa e i giornali, senza alcun vaglio critico, davano ad ogni annuncio<br />
– fanfaluche o ipotesi bizzarre, purtroppo spesso avanzate da chi<br />
aveva il dovere della prudenza.<br />
Era un po’ preoccupata per l’eccessiva attenzione mediatica per l’archeologia<br />
e preoccupata come me che nel nostro Mezzogiorno il passato<br />
non sia solo archeologia. E spesso, come sappiamo, l’archeologia<br />
del vaso, del reperto non contestualizzato, in una spirale perversa che<br />
rende gli oggetti feticci e favorisce il mercato clandestino.<br />
Riteneva indispensabile il lavoro oscuro, quello di cui non si parla, ma<br />
che costituisce la condizione della tutela: i vincoli, gli espropri, oltre<br />
che le buone leggi (di recente aveva più volte inviato al Ministero sue<br />
considerazioni sui vari provvedimenti legislativi che tanto hanno allarmato<br />
il mondo della cultura). Aveva un grande senso della misura che<br />
non la spingeva a sgomitare per stare dappertutto, attenta a che nella<br />
sua vita il lavoro non prevaricasse sul mondo degli affetti e che la routine<br />
dell’ufficio non le impedisse di studiare.<br />
L’unica trasgressione “familista” consentita riguardava il lavoro di<br />
ricerca: ci si scambiava schede e documenti e ci ripromettevamo di<br />
scrivere un lavoro a quattro mani sul collezionismo tra Sette e<br />
Ottocento. Ma non c’è stato tempo e le brevi mie note che compaiono<br />
in questo volume, sull’onda dei ricordi dei paesaggi che avevamo visto<br />
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