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Da Arpi a Foggia: due millenni<br />
di Marina Mazzei (2002)<br />
Ricordo bene quando arrivò da noi. Quel giorno, era il 1984, Medusa<br />
non veniva dalla terra della vicina Arpi, ma da un viaggio più lungo. Da<br />
Taranto il furgone della Soprintendenza era partito alla volta di un<br />
paese del Napoletano presso la cui stazione dei Carabinieri Medusa<br />
giaceva insieme a una coppia di capitelli. Medusa era stata rubata. Il<br />
suo trasferimento dalla campagna di Arpi in una destinazione rimasta<br />
ignota (Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone?) si<br />
era concluso proprio lì: i malcapitati che la trasportavano erano andati<br />
fuori strada con il loro automezzo. Solo così, dunque per un caso,<br />
Medusa tornò a casa.<br />
Ricordo bene quando Medusa arrivò. Ancora sporca di terra: la sua bellezza<br />
diveniva sempre più intensa e struggente man mano che la pulivamo.<br />
In quei momenti ci chiedevamo non solo dove e come fosse stata<br />
trafugata, ma anche chi e quando nell’antichità l’avesse fatta realizzare<br />
per la sua tomba.<br />
Sapevamo che nelle campagne di Arpi, a pochi chilometri da Foggia,<br />
vi era un grande ipogeo il cui saccheggio si era svolto ripetutamente in<br />
quegli anni. Presto venne la conferma della provenienza di Medusa. Ad<br />
Arpi individuammo il luogo della grande tomba e, piuttosto che cercare<br />
al suo interno, ne esplorammo la facciata per avere la conferma che<br />
il frontone su cui Medusa era raffigurata venisse da lì. Presto verificammo<br />
che la sua fronte era stata smontata ricorrendo addirittura all’uso<br />
di una ruspa: il frontone con la Medusa e i capitelli così erano partiti<br />
forse per diventare la quinta scenografica di qualche ricco giardino in<br />
un paese europeo.<br />
Ma Medusa era con noi e dovevamo, anche per un obbligo morale, non<br />
lasciarla sola in magazzino, ma capire il più possibile del monumento<br />
per il quale era stata scolpita e del signore che l’aveva voluta sulla<br />
tomba di famiglia. Presto trovammo i blocchi rimossi e fra questi alcuni<br />
con le tracce dei denti di una ruspa, segni di una devastazione senza<br />
pari, e un acroterio a palmetta in pietra del quale, proprio al vertice del<br />
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