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egit, Nicomedes Caesarem era la canzoncina che girava affettuosamente<br />
fra le truppe.<br />
Per onestà intellettuale bisogna dire che non tutti condividono la nostra<br />
opinione sulla personalità di Annibale. Tito Livio, che è la fonte principale,<br />
sferra un attacco assoluto sul piano morale: “… nessun senso<br />
del vero e del sacro, nessun timore degli dèi, nessun rispetto per i giuramenti,<br />
nessuno scrupolo di coscienza”. Giovenale, nella X satira, esibisce<br />
il suo spirito di Romano meschino. “Qual’è dunque la fine? Oh<br />
gloria! Viene sconfitto, naturalmente, e scappa in esilio a gambe levate.<br />
Lì siede, cliens nobile e speciale, davanti alla tenda pretoria del re.<br />
Aspetta che il tiranno di Bitinia si degni di aprire gli occhi. E a quella<br />
vita che mise sottosopra l’universo, non metteranno fine né pietre, né<br />
frecce, ma quel famoso anello, vindice di Canne e punitore di tante<br />
stragi”.<br />
L’anello famoso con veleno. Un giorno lo vince la stanchezza di fuggire,<br />
di vivere. E’ l’anno 183 avanti Cristo. “I Romani non hanno tempo<br />
di aspettare la morte di un vecchio. Liberiamoli dunque da questa lunga<br />
angustia”. E ‘maledicendo la vita’ – dice Livio – beve in una coppa il<br />
veleno che aveva sempre celato nel famoso anello. Hic vitae exitus fuit<br />
Hannibalis: così esce di scena il grande mattatore. Sulla spiaggia di<br />
casa sua, in vista del Mar di Marmara.<br />
A Libyssa che adesso si chiama Gebze ed è famosa non tanto per la<br />
tomba quanto per la bellezza del luogo e per il ponte costruito nel<br />
Cinquecento dal grande architetto Sinan. Forse c’era anche bisogno di<br />
compliance con il destino: “Una zolla libyssa, libica, coprirà le tue<br />
ossa”, gli era stato predetto. Come a Federico II: morirai sub flore.<br />
Come a papa Gerberto: finirai la vita a Gerusalemme. A tutto si può<br />
sfuggire ma non alle leggende sulle profezie.<br />
E questa è la parte maschile della coppia ‘maledetta’ che trasmette un<br />
brivido alle acque dello stagno davanti a Salapia distrutta.<br />
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