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iorità della legge divina, o del dovere, sulle leggi umane. E un argomento<br />
senza tempo. Per questo Antigone transita attraverso le scritture<br />
e i palcoscenici e gli schermi fino ad oggi: da Eschilo (‘I sette contro<br />
Tebe’) a Sofocle e Euripide, a Vittorio Alfieri, Bertold Brecht, a Jean<br />
Anouilh e infiniti altri, fino ai ‘Cannibali’ di Liliana Cavani, dove Britt<br />
Ekland e Pierre Clementi facevano una bella coppia di seppellitori.<br />
Carl Orff, dopo i ‘Carmina Burana’, scrive anche la severa ‘Antigonae’<br />
mettendo in musica il testo di Sofocle nella traduzione di Hölderlin.<br />
Senza scendere a esperienze così impegnative, questa socializzazione<br />
della morte si percepisce in maniera viva, fresca, qui a Monte<br />
Saraceno. Forse è una vocazione del luogo. L’hanno sentita i Dauni, i<br />
Greci e, fino ai Turchi, tutte le comunità che hanno vissuto il Gargano.<br />
Sarà lo sfolgorio del mare, la dolcezza della baia di Mattinata: da queste<br />
uova svuotate nel terreno la vita fiorisce ancora. Con che animo<br />
negheremmo a un defunto di diecimila anni fa la gioia di essere questo<br />
cappero dai fiori sontuosi, o l’albero di fico che cresce spontaneo dalla<br />
sepoltura?<br />
Per passare l’eternità<br />
Non era usanza, nella maggior parte delle comunità antiche, lasciare il<br />
defunto senza indicazioni o auspici per il cammino. Ogni tanto magari<br />
mettevano in scena contesti di ricchezza esagerata, come i Faraoni, o<br />
rappresentazioni della vita quotidiana come gli Etruschi. La natura del<br />
décor si allineava alle credenze su ‘che cosa’ il defunto avesse da fare<br />
nel tempo futuro.<br />
L’abbondanza di vasellame nelle sepolture daunie – a meno che i cocci<br />
non fossero così costosi da configurare un lusso – impressiona per i<br />
simbolismi che ci pare di leggervi segnati o graffiti: triangoli, reti,<br />
meandri (l’acqua, l’umidità?), l’antichissimo chevron, losanghe con<br />
uno o più punti al centro – proiezione bidimensionale di una dea gravida<br />
forse? –; spire, uncini, svastiche, vortici, che a noi parlano di energia,<br />
di divenire; e quindi di vita, fertilità, rigenerazione. Ma per loro,<br />
magari, si trattava appena di una provvista di oggetti di vita quotidiana<br />
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