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Di certo questo è uno dei porti attraverso i quali filtra il cristianesimo,<br />
assieme a Brindisi, Egnazia, Otranto. Gli storici oppongono che la<br />
prima figura certa della chiesa sipontina è il vescovo Felice che partecipa<br />
al Concilio del 465 a Roma. Morto Felice, nel 491 i Sipontini chiedono<br />
un successore al loro patriarca naturale, quello di Costantinopoli.<br />
L’imperatore Zenone gli assegna un suo parente: Lorenzo. Il quale<br />
viene a Roma, si fa consacrare da papa Gelasio e si insedia a Siponto<br />
consegnando come dono ai fedeli le reliquie di Santo Stefano e di<br />
Sant’Agata.<br />
Ma la fortuna sua e della diocesi sarebbe dipesa da un altro soggetto<br />
sacro, sempre collegato a culti di origine orientale: l’arcangelo<br />
Michele. Il quale, in quel lasso di tempo, stava dedicandosi a bonificare<br />
grotte e montagne di mezza Europa dai culti pagani. Sua mira principale<br />
i misteri persiani di Mitra, con il toro sgozzato che piovendo sangue<br />
sui fedeli li faceva sentire rigenerati. Per questo il culto furoreggiava<br />
tra gli eserciti della tarda romanità.<br />
Ma bisogna anche ammettere che vi era una qualche tenerezza reciproca<br />
tra il mitraismo e il cristianesimo: assai spesso i mitrei, luoghi di<br />
culto sotterranei attrezzati appositamente per i riti e per il pasto sacro,<br />
l’agape, davano origine a chiese cristiane, come a Roma nel rione<br />
Monti la basilica di San Clemente. Questo dolce subentrare del culto<br />
cristiano a quello orientale, mediato dall’angelo Michele, era la restituzione<br />
di una cortesia: la visita dei Magi zoroastriani alla culla di Gesù,<br />
sempre avendo l’angelo come guida.<br />
Il Monte come destino<br />
Mons Garganus inminens Sipontinae civitati, dice Servio nel commento<br />
alla ’Eneide’. Subdita Sipus montibus, aggiunge Lucano nella<br />
‘Farsaglia’. Dunque il Gargano incombe e condiziona l’immagine di<br />
Siponto. Le vicende del vescovo della costa, Lorenzo, e di Michele,<br />
angelo del monte, sono note per tradizione, per un paio di Vite tardive<br />
e per un testo del X secolo chiamato ’Apparitio’. Il clou del racconto è<br />
la difesa da parte di Michele di un toro rifugiatosi nella sua grotta, forse<br />
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