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consiglio, e prode in arme, e aspro, e molto temuto da tutti i re del<br />

mondo, magnanimo e d’alti intendimenti, in fare ogni grande impresa<br />

sicuro, in ogni aversità fermo, e veritiere d’ogni sua promessa, poco<br />

parlante, e molto adoperante (il tormentone della cultura del fare,<br />

anche allora!), e quasi non ridea se non poco, onesto com’uno religioso,<br />

e cattolico; aspro in giustizia, e di feroce riguardo; grande di persona<br />

e nerboruto, di colore ulivigno, e con grande naso, e parea bene maestà<br />

reale più ch’altro signore. Molto vegghiava e poco dormiva, e usava<br />

di dire che dormendo tanto tempo si perdea”.<br />

Inquietante, vero, questo re in pectore? Aggiungiamo che ha 46 anni e<br />

due figli: uno si chiama come lui “e fu sciancato alquanto”. Sarà il sinistro<br />

successore Carlo II. L’altro, Filippo, sposa la figlia del Despota di<br />

Morea “ma morì giovane, e sanza figliuoli, però che si guastò a tendere<br />

uno balestro”. Era forse maldestro? Ma non abbiamo tempo per le<br />

affabulazioni di Giovanni Villani: la ‘Nuova Cronica’ si può scaricare<br />

facilmente da Internet, assieme all’altrettanto saporita ‘Chronica’ di<br />

Salimbene de Adam nel suo latino già rotondamente parmigiano.<br />

Carlo d’Angiò ha ricevuto dal papa un cadeau avvelenato: deve guadagnarsi<br />

il regno di Sicilia e Apulia, e il possesso non è per nulla scontato.<br />

Anzi: Manfredi, che a spregio lo chiamava Carlotto, era prevalente<br />

per mare per terra e per buone relazioni politiche. Ciò nonostante la<br />

maligna stella chiomata dell’agosto 1264 porta i suoi frutti avvelenati<br />

a Tertiveri. Carlotto infliggerà a Manfredi la sconfitta e la morte:<br />

Benevento, febbraio 1266. Prima di morire Manfredi ha tempo di pentirsi<br />

dei suoi peccati, e questo basta a dribblare l’odio del papa<br />

Clemente e della Chiesa tutta. Sconfitto nella vita terrena, trionfa nella<br />

vita eterna. Chi lo dice? Dante. Che drammatizza raccontando come le<br />

ossa del defunto siano state tratte dalla cattedrale di Benevento, o da<br />

una sepoltura accanto al fiume, e sparse di notte per la campagna<br />

accanto al fiume Liri. “Or le bagna la pioggia e muove il vento”, gli<br />

dice Manfredi in salvo davanti al Purgatorio. François Villon avrebbe<br />

dato ai cadaveri questa voce:<br />

La pluie nous a lessivés et lavés<br />

et le soleil nous a séchés et noircis;<br />

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