La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti
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ma del mito rivoluzionario (all’origine, non<br />
da ultimo, con la Resistenza, della stessa<br />
legittimazione della Repubblica)”.<br />
Ancora: “Il germe dell’illegalità e di quella<br />
sua manifestazione estrema che è la violenza<br />
l’Italia democratica lo porta in certo<br />
senso dentro di sé, nella sua storia culturale<br />
e dunque nella sua antropologia accreditata”.<br />
Per questo non le riesce di estirpare l’illegalità<br />
(e la violenza), perché “può, per fare<br />
un esempio, cercare di insegnare l’educazione<br />
civica a scuola, ma nello stesso momento<br />
in cui lo fa mostra pateticamente<br />
quanto lei per prima creda poco ai suoi precetti<br />
non riuscendo a impedire in quella stessa<br />
scuola il venir meno di ogni norma di condotta,<br />
lo scatenarsi della più generale indisciplina”.<br />
Questo articolo bisogna considerarlo seriamente.<br />
Nel senso che racconta delle élites<br />
italiane, e del processo distruttivo a cui<br />
sono sottoposte dalla crisi generale di sistema,<br />
molto di più di qualsiasi specifica analisi<br />
introspettiva. Questo articolo è il prodotto<br />
di un autore che rovescia, senza averne cognizione,<br />
i propri più intimi pensieri in modo<br />
sconnesso e illogico, poiché procede rinunciando<br />
alle necessarie mediazioni tra il manifestarsi<br />
bruto del pensiero e la sua lenta,<br />
paziente, controversa costruzione. Più che<br />
un ragionamento è un grido; più che un’analisi<br />
è un paesaggio mentale. Non è un articolo:<br />
è un’invettiva.<br />
I punti controversi, quasi tutti, potrebbero<br />
naturalmente essere valutati uno ad uno<br />
e poi considerati nei loro legami logici. Ma<br />
non è attraverso il metodo del confronto che<br />
l’articolo acquista il suo valore. <strong>La</strong> lettura<br />
critica a cui è stato sottoposto nello stesso<br />
“Corriere”, e anche, senza mai essere direttamente<br />
citato, ne “la Repubblica” e ne “<strong>La</strong><br />
Stampa”, non ha fatto altro che riprodurre il<br />
vecchio e stanco rito del vaniloquio nazionale,<br />
quello, per intenderci, che ha sostan-<br />
Nedo Bocchio<br />
ziato il chiacchiericcio pseudo intellettuale<br />
degli ultimi decenni.<br />
L’interesse di questo articolo è dato dall’esposizione<br />
inconsapevolmente nuda che<br />
l’autore ci dà di sé; quasi che, dopo aver<br />
prodotto tante costruzioni ideologiche attorno<br />
al dover essere della nazione Italia,<br />
l’autore, di schianto, si sia arreso, afferrato<br />
da un incontrollabile senso di vuoto e di<br />
nausea.<br />
Benché parte eminente di un gruppo che<br />
si autorappresenta quale stratega e facitore<br />
della <strong>politica</strong> nazionale - e per <strong>politica</strong> nazionale<br />
si faccia grazia di intendere, perlomeno,<br />
grandezze quali i destini della nazione<br />
-, le interpretazioni proposte della vicenda<br />
storica nazionale, ad esempio l’8 settembre<br />
inteso come morte della patria, non hanno<br />
riscosso grandi adesioni; così come i più<br />
tardi tentativi di analisi geo<strong>politica</strong>. Restano<br />
al momento le brevi sentenze apposte in<br />
capo alla pagina della cultura e qualche editoriale,<br />
scritto in rotazione con le altre firme<br />
della farm “Corriere della Sera”.<br />
Se si volesse restare all’interno di una critica<br />
classica, dovremmo rilevare, per esempio,<br />
un’insostenibile incongruenza nel valutare<br />
antropologica l’illegalità e la violenza<br />
che “l’Italia democratica porta dentro di<br />
sé, nella sua storia culturale” e lo stupore<br />
che simili tare non possano essere corrette/curate<br />
dall’insegnamento dell’educazione<br />
civica a scuola, e che, anzi, si riscontri<br />
l’esistenza, in quella stessa scuola, delle tare<br />
ben conosciute e ben riconosciute. Oppure,<br />
dovremmo rilevare come somma l’incongruenza<br />
del riconoscimento della cultura<br />
<strong>politica</strong> cattolica quale cultura <strong>politica</strong> scevra<br />
di violenza e di richiamo rivoluzionario.<br />
A questo proposito, è certamente perfida,<br />
ma quanto mai opportuna, l’annotazione di<br />
Giuseppe Galasso, nel “Corriere” del 29 aprile,<br />
circa la matrice ultra cattolica dei Renato<br />
Curcio e delle Mara Cagol, fondatori del bri-<br />
100 l’impegno