La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti
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ecensioni e segnalazioni<br />
care la sua differenza dal Sessantotto recidendo<br />
i legami, anche critici, con la tradizione<br />
storica del movimento operaio e con quella<br />
dei precedenti movimenti sociali, criticando<br />
a fondo l’idea stessa di <strong>politica</strong> e di militanza<br />
<strong>politica</strong>. Se il Sessantotto, almeno in Italia,<br />
aveva favorito una socializzazione tutta <strong>politica</strong><br />
dei giovani, il Settantasette segnò, per<br />
molti dei partecipanti, l’inizio della fine della<br />
<strong>politica</strong> come elemento socializzante e impegno<br />
volto a modificare la società. Nel nome<br />
dell’impoliticità, della critica della <strong>politica</strong>, ci<br />
si allontanò da quell’ambito d’azione, lasciando<br />
spazio al vivere qui ed ora, nel presente,<br />
liberando la vita soggettiva e il corpo<br />
dalle maglie oppressive dei micropoteri; così<br />
il movimento, nei suoi primi mesi di vita, richiamò<br />
nelle sue file molti di quelli che già<br />
individualmente si erano allontanati dalla <strong>politica</strong><br />
attiva e dai movimenti negli anni precedenti.<br />
<strong>La</strong> crisi dell’agire politico era anche la conseguenza<br />
del venir meno di una prospettiva<br />
futura, di un lavorare per un qualcosa che<br />
doveva venire. Vi era nel movimento quasi<br />
la consapevolezza, tragica, di condurre una<br />
battaglia persa, poiché la società non sarebbe<br />
cambiata, lo Stato e il Pci erano avversari<br />
troppo forti per sperare di batterli, il comunismo<br />
non era più una prospettiva plausibile,<br />
ormai esso appariva solo - nell’immagine<br />
pietrificata e burocratica di Breznev - un regime<br />
dispotico, illiberale, autoritario. Quel<br />
movimento non poté nutrirsi, come accadde<br />
al Sessantotto, delle speranze rivoluzionarie<br />
indotte, nel quadro internazionale, dalla rivoluzione<br />
cubana, dal guevarismo, dalle guardie<br />
rosse, dai vietcong. Quella speranza di<br />
rinnovamento profondo del socialismo era<br />
ormai passata, sconfitta. <strong>La</strong> guerra tra Cina<br />
e Vietnam, l’invasione vietnamita della Cambogia<br />
di Pol Pot rappresentarono per quella<br />
generazione, se il parallelismo c’è consentito,<br />
il loro XX congresso, il crollo dei miti.<br />
Con quel movimento si consumò il tentativo<br />
di rinnovare radicalmente il comunismo,<br />
quello storicamente realizzato, coniugando<br />
elementi radicali del pensiero democraticoliberale<br />
col sovversivismo del marxismo ere-<br />
tico ed eterodosso. Si voleva conciliare l’individuo,<br />
il personale, i bisogni individuali,<br />
tutelando le minoranze e valorizzando le differenze,<br />
con la lotta di classe, con la dimensione<br />
collettiva, partecipativa, pubblica dell’azione<br />
sociale e <strong>politica</strong> ai fini del controllo<br />
sui mezzi di produzione e per la liberazione<br />
dal e del lavoro. Una grande ipotesi, morta<br />
con la morte del movimento e riemersa, subito<br />
dopo, nel decennio ottanta, quando la<br />
crisi dell’egemonia comunista lasciò il posto<br />
all’egemonia liberale tout court e lontana<br />
da ogni radicalismo egualitario e libertario.<br />
Altre variabili segnavano la differenza col<br />
Sessantotto e indicavano che l’epoca della<br />
stagione dei movimenti apertasi negli anni<br />
sessanta stava per finire. Il Settantasette ebbe<br />
caratteristiche prevalentemente nazionali,<br />
fu un fenomeno prettamente italiano, che non<br />
ebbe riscontri diretti e correlati con altri eventi<br />
in paesi occidentali. Questo - nonostante si<br />
provi a richiamare il punk inglese o l’esproprio<br />
dei supermercati che si verificò durante il<br />
black out a New York nel 1977 - lo rese differente<br />
dal Sessantotto evento planetario.<br />
Se mai, nel suo isolamento, esso fu in parte<br />
anticipatore delle rivolte giovanili che sarebbero<br />
accadute negli anni ottanta in alcune<br />
città d’Europa come Zurigo, Berlino, Amsterdam.<br />
Nell’immediato però, l’isolamento rafforzò<br />
il senso di accerchiamento in cui il movimento<br />
venne a trovarsi sul piano interno<br />
e internazionale.<br />
Sentirsi circondati da avversari significò,<br />
per l’ala che voleva continuare ad essere <strong>politica</strong><br />
e antagonista, mettersi sulla strada pericolosissima<br />
del “colpo su colpo”, della risposta<br />
spesso violenta alla repressione statale,<br />
aprendo per alcuni percorsi “verso la<br />
follia sanguinaria della lotta armata”, mentre<br />
per gli altri, in maggior numero, si risolse nella<br />
critica “distruttiva delle categorie stesse dell’agire<br />
politico conducendo verso approdi<br />
impolitici i comportamenti sovversivi”, sostiene<br />
Grispigni.<br />
L’esempio della caduta nel terrorismo fu<br />
offerto dal caso di Prima Linea. Giuliano Boraso<br />
rileva che tutti i protagonisti di quella<br />
tragica storia, salvo poche eccezioni, erano<br />
a. XXVII, n. s., n. 1, giugno 2007 131