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La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

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attività dell’Istituto<br />

Nella primavera del 1943 gli operai delle<br />

Officine parteciparono massicciamente all’ondata<br />

di scioperi che coinvolse tutto il<br />

Nord Italia e, a queste prime agitazioni, ne<br />

seguirono altre in agosto e in dicembre. Celeste<br />

Nicolo, un comunista ritornato dalla<br />

Francia, in contatto con i quadri rivoluzionari<br />

del Pci clandestino, e Alfonso Pedrazzo,<br />

mazziniano, entrambi di Sordevolo, espostisi<br />

nei giorni degli scioperi di massa e<br />

pertanto considerati pericolosi agitatori, furono<br />

arrestati dai fascisti, insieme a Placido<br />

Comotto di Occhieppo Inferiore, e deportati<br />

nei campi di Mauthausen e Gusen, da cui<br />

non fecero più ritorno.<br />

Neiretti ha evidenziato come la violenza<br />

della deportazione colpì a Sordevolo, accanto<br />

a operai delle Officine, anche gruppi di<br />

antifascisti clandestini che, traditi da spie<br />

infiltrate nel movimento, furono oggetto di<br />

rastrellamenti e arresti (nel dicembre 1943<br />

furono arrestati Gioacchino e Danilo Nicola,<br />

Giacinto Pugno e Mario Monticelli); membri<br />

dell’alta borghesia sordevolese, quali<br />

l’avvocato Flaminio Bona, vicepresidente<br />

dell’Ordine degli avvocati di Torino, probabilmente<br />

punito per avere denunciato gli illeciti<br />

compiuti da Pietro Peraldo, podestà di<br />

Sordevolo, nonché membro del Tribunale<br />

speciale di Novara, e altri abitanti del paese<br />

che avevano manifestato simpatie antifasciste.<br />

Senza dimenticare l’importanza del movimento<br />

partigiano nella zona, costituito per<br />

la maggior parte da giovani appartenenti alla<br />

classe operaia organizzatisi nel distaccamento<br />

“Bixio”, sotto il comando di Bruno<br />

Salza “Mastrilli”, che, nel mese di febbraio<br />

del 1944, subì la perdita di quattro uomini in<br />

un agguato fascista nei pressi di Sordevolo,<br />

Neiretti ha però sottolineato il fatto che la<br />

particolarità di questa comunità della valle<br />

Elvo fu un’opposizione al fascismo prevalentemente<br />

non armata, pagata duramente<br />

dalla popolazione con la deportazione di diciotto<br />

persone su un totale di millequattrocento<br />

abitanti.<br />

Venerdì 18 maggio si è tenuta la sesta ed<br />

ultima lezione del corso, in cui Marcello Vaudano,<br />

vicepresidente dell’Istituto, ha tratteggiato<br />

un quadro della città di Biella durante<br />

la guerra, mettendo in evidenza, con<br />

l’aiuto dei giornali dell’epoca e di fonti bibliografiche<br />

sull’argomento, l’impatto che<br />

il conflitto ebbe sulla vita della popolazione<br />

in quegli anni difficili e fornendo molteplici<br />

spunti da approfondire ed elaborare in un<br />

più ampio lavoro di ricostruzione degli aspetti<br />

della vita cittadina e dei luoghi più significativi<br />

della città in guerra che l’Istituto<br />

sta progettando.<br />

Biella, che conobbe un dirompente incremento<br />

demografico nei decenni a cavallo tra<br />

Ottocento e Novecento, vide in quello stesso<br />

periodo crescere notevolmente il proprio<br />

peso economico grazie allo sviluppo della<br />

dominante industria laniera e all’espansione<br />

del commercio e dei servizi pubblici, e andò<br />

modificando nel tempo anche il proprio<br />

assetto urbanistico. Ampliatasi notevolmente<br />

intorno all’asse centrale rappresentato da<br />

via Umberto I (oggi via Italia), Biella si sviluppò<br />

ulteriormente durante gli anni del fascismo<br />

grazie ad un’intensa attività edilizia,<br />

le cui consistenti tracce si conservano tuttora<br />

(stazione Biella S. Paolo, stadio <strong>La</strong> Marmora,<br />

Itis di via Fratelli Rosselli, Casa dell’Unione<br />

fascista degli industriali, ecc.) accanto<br />

ai segni di una capillare opera di fascistizzazione<br />

della toponomastica.<br />

Durante il ventennio Biella era riuscita a<br />

mantenere una vivace vita artistica ed un<br />

intenso dibattito culturale, che si rifletteva<br />

nelle pagine delle riviste “Illustrazione biellese”<br />

e “Rivista biellese”, pubblicate in quegli<br />

anni accanto a “Il popolo biellese”, giornale<br />

di regime e “Il Biellese”, organo di stampa<br />

della Curia, a testimonianza di una cen-<br />

a. XXVII, n. s., n. 1, giugno 2007 127

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