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La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

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vanta era stato capace di costruire con l’Iran<br />

del presidente Khatami una relazione privilegiata,<br />

che aveva suscitato una vasta eco<br />

internazionale e aveva elevato il nostro paese<br />

al rango di primo partner commerciale occidentale<br />

di Teheran - ha guardato con crescente<br />

apprensione all’eventualità (divenuta<br />

ormai quasi una certezza) che il negoziato<br />

in corso, da cui l’Italia è esclusa, possa<br />

servire, anche in caso di fallimento, a consacrare,<br />

con grave nocumento per i nostri interessi<br />

e le nostre ambizioni, il ruolo della<br />

Germania quale membro de facto del Consiglio<br />

di sicurezza dell’Onu, in virtù della progressiva<br />

istituzionalizzazione del direttorio<br />

informale (G6) in cui, accanto a Stati Uniti,<br />

Russia e Cina, siedono appunto i tre Grandi<br />

d’Europa.<br />

L’aspetto veramente paradossale di questa<br />

vicenda è che il governo italiano, dalla<br />

partita diplomatica in cui oggi sta tentando<br />

in ogni modo (ma finora con scarsi risultati)<br />

di rientrare, si è escluso da solo, lasciando<br />

irresponsabilmente cadere nel vuoto l’invito<br />

ad organizzare il tavolo negoziale sul programma<br />

nucleare iraniano rivoltogli da Teheran<br />

nel secondo semestre del 2003, quando<br />

l’Italia aveva la presidenza di turno dell’Unione<br />

europea. “Sì, è vero” - ha confidato<br />

di recente un diplomatico italiano a “<strong>La</strong> Repubblica”<br />

- “l’Iran aveva offerto a noi italiani<br />

il negoziato. Abbiamo discusso per<br />

molto tempo, poi è prevalsa la linea di non<br />

farne nulla. <strong>La</strong> mia idea è che Berlusconi non<br />

Valter Coralluzzo<br />

abbia voluto affrontare qualcosa di spiacevole<br />

con gli americani, qualcosa che soltanto<br />

lontanamente li potesse irritare” 49 . In effetti,<br />

sembra essere proprio questa la sola<br />

spiegazione plausibile di quello che ormai,<br />

senza ombra di dubbio, si configura come<br />

un errore strategico di gigantesche proporzioni,<br />

foriero di conseguenze assai gravi per<br />

gli interessi nazionali dell’Italia, la quale rischia,<br />

da un lato, di non avere alcuna voce<br />

in capitolo in quella che si annuncia come<br />

una delle partite politico-diplomatiche più<br />

importanti, delicate e complesse dell’inizio<br />

del XXI secolo e, dall’altro, di veder vanificato<br />

il successo della propria azione di contrasto<br />

nei confronti della proposta di riforma<br />

del Consiglio di sicurezza dell’Onu avanzata<br />

dal cosiddetto G4 (Germania, Giappone,<br />

Brasile e India) 50 , a seguito di una riforma<br />

de facto dei vertici della <strong>politica</strong> mondiale<br />

suscettibile di sancire la definitiva retrocessione<br />

strategica del nostro paese.<br />

A conclusione dell’analisi a cui in queste<br />

pagine abbiamo sottoposto la <strong>politica</strong> dispiegata<br />

dal governo Berlusconi nell’area<br />

<strong>mediterranea</strong>, può essere interessante rilevare<br />

come questa <strong>politica</strong>, oltre a risentire<br />

dei limiti già evidenziati, abbia patito il gravame<br />

di non pochi di quegli “antichi vizi”<br />

che da sempre, in maggiore o minor misura,<br />

affliggono l’azione internazionale dell’Italia,<br />

compromettendone l’efficacia. Due di questi,<br />

in particolare, meritano di essere sottolineati.<br />

49 Cfr. “la Repubblica”, 1 febbraio 2006, p. 12.<br />

50 <strong>La</strong> proposta di riforma sostenuta dal G4 prevede la creazione di sei nuovi seggi permanenti<br />

senza diritto di veto (da assegnare a Germania, Giappone, Brasile, India e due tra i maggiori<br />

stati africani) e di quattro nuovi seggi non permanenti di durata biennale. <strong>La</strong> proposta<br />

sostenuta dall’Italia, invece, mantiene inalterato il numero dei seggi permanenti, ma propugna<br />

la creazione di una nuova categoria di otto seggi non permanenti di durata quadriennale<br />

rinnovabili e l’aumento da dieci a undici dei seggi non permanenti di durata biennale non<br />

rinnovabili.<br />

20 l’impegno

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