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La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

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Il 25 aprile, la fine della seconda guerra mondiale, le sovranità vere e quelle presunte<br />

gatismo rosso, in provenienza dall’iper cattolica<br />

Facoltà di Sociologia di Trento. Non<br />

è perfidia, e tuttavia ben più schiacciante,<br />

per chi ha preso le sue distanze dalle immaginifiche<br />

narrazioni costitutive dell’italica<br />

nazione, ricordare i quarant’anni d’interdizione<br />

che la Chiesa impose alla partecipazione<br />

dei cattolici alla vita dello stato italiano,<br />

quarant’anni di attività sediziosa, di<br />

complotti e tentativi reazionari, contro lo<br />

stato legittimo; e poi il peggio, nel 1919-20<br />

e oltre: il sostegno sistematico e il plauso<br />

alle azioni criminali condotte dalle squadre<br />

fasciste contro amministrazioni comunali,<br />

case del popolo, sindacati, sedi di partito e<br />

singoli militanti, da parte dei fogli locali clericali,<br />

che spesso arrivavano a indicare i sovversivi,<br />

i bestemmiatori, i nemici della fede<br />

che andavano colpiti. Basta mettere il naso<br />

in qualche pagina dell’epoca per rendersi<br />

conto della deriva bestiale nella quale è<br />

sprofondata questa presunta cultura priva<br />

di violenza. Ma Galli della Loggia, professore<br />

di storia, di storia evidentemente deve<br />

averne vista un’altra.<br />

E poi ancora, è del tutto fuori luogo l’esibire<br />

tanta finta sorpresa e indignazione e<br />

ripulsa della “violenza” che avrebbe segnato<br />

“profondamente” “la sfera <strong>politica</strong> italiana”<br />

e che “ha caratterizzato in modo netto<br />

tutte le moderne culture politiche”. Qui tocchiamo<br />

il fondo, e nel contempo tocchiamo<br />

con mano la ragione per la quale i tentativi<br />

d’analisi geo<strong>politica</strong> del nostro autore siano<br />

stati dei fallimenti. Quando parla di antropologia,<br />

dice così per dire, perché è certo<br />

che l’iperpacifico Galli della Loggia, così orripilato<br />

dalla violenza che connota le cultu-<br />

re politiche, in realtà cade nella trappola che<br />

lui stesso si è teso. E ancora una volta intendiamo<br />

per quale ragione sia tanto negato<br />

all’analisi e sia invece versato per le<br />

concioni moraleggianti. Crede di poter raddrizzare<br />

le gambe ai cani senza spezzarle? E<br />

perché, spezzate o non spezzate, vorrebbe<br />

raddrizzare gambe in esseri che madre natura<br />

o la divinità, se si preferisce, ha così<br />

messo al mondo? Crede forse, come lo credono<br />

tutti gli ideologi, i predicatori, i rivoluzionari,<br />

i crociati di tutte le specie, che la<br />

guerra, per dire il luogo deputato alla violenza,<br />

possa essere estirpata dal cuore dell’uomo?<br />

E da storico non sa che lo Stato ha<br />

esattamente la funzione di espropriare i suoi<br />

sudditi/cittadini del possesso della violenza,<br />

della legittimità a utilizzarla, per riservarsene<br />

l’uso in modo esclusivo (e dunque lo<br />

Stato, reggendosi sull’imposizione, è per antonomasia<br />

un’organizzazione che si regge<br />

sulla violenza)?<br />

Comunque sia, conviene chiudere, perché<br />

non si va da nessuna parte disputando su<br />

“ragionamenti ai quali si fa fatica addirittura<br />

a replicare, tanto appaiono sprovvisti di<br />

qualunque fondamento”, come afferma Sergio<br />

Luzzato, nel “Corriere” del 3 maggio.<br />

Tuttavia, bisogna tentare un passo oltre<br />

le strettoie, o le oscurità, dell’editoriale in<br />

questione. Al di là dell’infortunio casuale,<br />

o dell’incidente sul piano dell’esposizione<br />

e della comprensione, l’autore e il suo articolo<br />

sono pur sempre parte di un blocco di<br />

intellighenzia che lavora, per mezzo del più<br />

potente gruppo editoriale italiano, del quale<br />

fa parte il “Corriere della Sera” 1 , a influenzare<br />

la società e la <strong>politica</strong> italiane.<br />

1 Nel mondo anglosassone circola da qualche tempo la denominazione di Msm (mainstream<br />

media), che alla lettera assume un significato tipo: “media che fanno parte della corrente<br />

principale”. Per intenderne davvero la valenza semantica, conviene tuttavia seguire l’interpretazione<br />

che ne dà Gore Vidal, che ne parla in termini di “filiazione all’Msm e al loro sistema<br />

a. XXVII, n. s., n. 1, giugno 2007 101

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