La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti
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Il 25 aprile, e più in generale il tema della<br />
Resistenza e della guerra civile 1943-1945, è<br />
per questo gruppo un punto, o forse il punto,<br />
attorno al quale si articola la loro analisi.<br />
Riprendendo una vecchia discriminante, si<br />
può affermare che il loro punto di vista, che<br />
molto dipende dalla nota narrazione secondo<br />
la quale gli italiani si sono tenuti fuori, in<br />
attesa e senza parteggiare, da una lotta condotta<br />
da bande e fazioni minoritarie, è sostanzialmente<br />
costruito contro il pensiero<br />
azionista, da loro inteso come giacobino.<br />
Quel pensiero che vuole (voleva) costruire<br />
una nazione sostanzialmente difforme rispetto<br />
ai suoi depositi antropologici: “Fare<br />
gli italiani”.<br />
Sebbene non vi sia una totale e perfetta<br />
coincidenza tra le tesi di Galli della Loggia e<br />
del direttore Paolo Mieli, le due narrazioni<br />
si sono integrate e intrecciate bene con la<br />
cultura <strong>politica</strong> di lungo periodo del giornale-partito<br />
“Corriere della Sera”: nazionalismo<br />
aggressivo, atlantismo, liberismo economico,<br />
soggiacimento al dominio della scienza<br />
e della tecnica e, in ultimo, a quell’ideologia<br />
nota come “americanismo”. Potendo offrire<br />
una simile e solida base a un mondo politico<br />
ormai privo di qualsivoglia orizzonte di<br />
pensiero, l’intellighenzia raccolta attorno<br />
al “Corriere” ha avuto buon gioco a farsi riconoscere<br />
come influente pensatoio in gra-<br />
Nedo Bocchio<br />
do di delineare scenari e politiche ritenute<br />
moderne, innovative, svecchianti. E ha riscosso<br />
un certo successo nel confronto<br />
con l’intellighenzia concorrente, quella raccolta<br />
attorno a “la Repubblica”, vista, a differenza<br />
della compagine “Corriere”, quale<br />
gruppo univocamente coeso al centrosinistra<br />
e ad un mondo politico tradizionale,<br />
marcato da interessi legati prevalentemente<br />
alla sfera pubblica oppure geograficamente<br />
dislocati nell’Italia centrale e meridionale.<br />
Non sarebbe affatto secondario soffermarsi<br />
a riflettere sull’installarsi, all’interno<br />
di quello che viene, ancora, percepito come<br />
il giornale della borghesia milanese e lombarda,<br />
di un gruppo romano d’origine e di<br />
formazione (pur se Galli della Loggia e i commentatori<br />
d’economia sono di diversa origine<br />
e formazione). Tuttavia, il punto che qui<br />
non va abbandonato è uno: il 25 aprile.<br />
È attorno a questa data simbolo che il<br />
gruppo del “Corriere” gioca la sua rifondazione<br />
italiana. Ed è qui che sta raccogliendo<br />
la sua sconfitta. Nel senso che tutto ciò<br />
che è stato scritto sul 25 aprile, sulla guerra<br />
partigiana o guerra civile che dir si voglia,<br />
sulla sua irrilevanza e sulla non partecipazione<br />
della popolazione, ha sempre assunto,<br />
e non poteva essere altrimenti, il gusto<br />
acre della polemica. Questa polemica non ha<br />
costruito, non ha innalzato alcunché. Ma<br />
di stupidità e corruzione psicologica”. In Francia, con altra storia e intonazione, il blocco<br />
dei media è chiamato “presse officielle” o “presse assermentée”, che “ha prestato giuramento”<br />
come devono prestare i funzionari di Stato, dunque fedele e a disposizione. In Italia si parlava<br />
un tempo di “stampa di regime”, derivando il termine, con tutta evidenza, dal periodo del<br />
regime fascista, passato poi, in modo polemico, al periodo democratico dominato dai governi<br />
della Democrazia cristiana. Di questi esempi, nessuno mi pare possa essere utilizzato a<br />
proposito dei media italiani contemporanei, tenendo a mente soprattutto i due maggiori<br />
gruppi editoriali: Rcs e l’Espresso di cui fa parte “la Repubblica”. Il “Corriere della Sera” e<br />
“la Repubblica” richiamano piuttosto alla mente il caso del giornale-partito, come fu in epoca<br />
risorgimentale, in epoca post-unitaria, in epoca pre-prima guerra mondiale, in epoca postprima<br />
guerra mondiale, e com’è di nuovo da una quindicina d’anni a questa parte: insomma<br />
per gran parte della storia d’Italia. Urge pensarci.<br />
102 l’impegno