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La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

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ma non conflittuale rispetto agli alleati occidentali”<br />

17 . Questo almeno fino a quando,<br />

sul piano internazionale, la saldatura, conseguente<br />

al trauma dell’11 settembre, tra la<br />

lotta al terrorismo e un rinascente spirito di<br />

crociata antislamica - saldatura di cui si è<br />

fatta interprete, nella forma “muscolare”<br />

della dottrina politico-strategica della guerra<br />

preventiva, soprattutto l’amministrazione<br />

Bush - non ha determinato, specialmente<br />

nello scacchiere mediterraneo, un nuovo<br />

mutamento di scenario e di indirizzi politici.<br />

Alla luce di quanto detto fin qui, la propensione<br />

del governo Berlusconi a fare dell’allineamento<br />

alle posizioni degli Stati Uniti<br />

uno dei principi, se non il principio guida<br />

della nostra <strong>politica</strong> <strong>mediterranea</strong>, lungi dal<br />

rappresentare una novità, parrebbe inscriversi<br />

nel solco di una consolidata tradizio-<br />

Valter Coralluzzo<br />

ne. Quid sub sole novum?, ci si potrebbe allora<br />

domandare. Di nuovo c’è l’irrompere<br />

sulla scena mondiale della minaccia costituita<br />

da un terrorismo internazionale di matrice<br />

islamica che, come i clamorosi attentati<br />

dell’11 settembre (e gli altri che sono seguiti<br />

in ogni parte del mondo, Europa compresa)<br />

ampiamente dimostrano, si è delocalizzato<br />

ed ha acquisito nuove capacità di destabilizzazione<br />

globale, e c’è la divaricazione<br />

crescente che si è venuta determinando tra<br />

le due sponde dell’Atlantico (ma anche in<br />

seno all’Unione europea) in relazione al significato<br />

da dare a quegli attentati e alle modalità<br />

di conduzione della “guerra globale<br />

al terrorismo” che in risposta ad essi è stata<br />

avviata dagli Stati Uniti 18 , e di cui la guerra<br />

in Iraq ha costituito finora il capitolo principale<br />

e maggiormente controverso.<br />

17 LAURA GUAZZONE, Le iniziative diplomatiche verso Iran, Iraq e Libia, in ROBERTO ALIBONI<br />

- FRANCO BRUNI - ALESSANDRO COLOMBO - ETTORE GRECO (a cura di), L’Italia e la <strong>politica</strong><br />

internazionale. Edizione 2000, Bologna, il Mulino, 2000, p. 433.<br />

18 Se gli attentati dell’11 settembre 2001 rappresentino, come sostenuto dal governo statunitense,<br />

un atto di guerra, da affrontare (seppur non esclusivamente) sul piano militare,<br />

o non, piuttosto, giusta l’opinione di molti governi europei, un atto terroristico, criminale,<br />

contro il quale si deve agire essenzialmente entro un quadro giuridico, è questione delicata<br />

e complessa che non può essere trattata in questa sede. L’opinione di chi scrive, tuttavia,<br />

è che solo al prezzo di molte (forse troppe) difficoltà ci si può rifiutare di ammettere che gli<br />

attentati dell’11 settembre si configurano come un vero e proprio atto di guerra, sia pure<br />

compiuto da un attore non statale. E ciò non tanto in ragione del numero delle vittime, della<br />

magnitudo del danno, della valenza simbolica e strategica degli obiettivi colpiti, quanto<br />

piuttosto in considerazione del fatto che il terrorismo internazionale di matrice fondamentalista<br />

è un fenomeno fondamentalmente diverso dal terrorismo caratterizzato da motivazioni<br />

politiche con cui abbiamo avuto a che fare negli anni settanta ed ottanta; diverso, e<br />

incomparabilmente più pericoloso. Mentre, infatti, i terroristi “classici” (si pensi all’Olp, o<br />

all’Ira), mirando ad accreditarsi come interlocutori delle istituzioni e non volendo compromettere<br />

la possibilità di partecipare domani a eventuali negoziati con i nemici di oggi, generalmente<br />

si astenevano da un uso indiscriminato della violenza, limitandosi ad azioni di<br />

carattere “dimostrativo” volte a screditare l’avversario, a smascherarne l’impotenza o la<br />

brutalità e ad attirare l’attenzione internazionale sulla propria causa, i gruppi terroristici di<br />

matrice islamica non pongono limiti alla distruttività dei loro attacchi contro l’Occidente,<br />

dal momento che non intendono negoziare alcunché, neppure in un secondo momento, con<br />

le vittime di tali attacchi. Queste ultime, infatti, come ben sottolinea Filippo Andreatta, “non<br />

sono gli autentici interlocutori politici del terrorismo”, nel senso che “gli obiettivi occidentali<br />

vengono scelti per ragioni simboliche più che politiche, perché l’attacco a una demo-<br />

10 l’impegno

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