La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti
La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti
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nati negli anni cinquanta, molti addirittura<br />
nella seconda metà di questo decennio. Estranei,<br />
perché giovanissimi, alle lotte del<br />
biennio 1968-69, ma non a quanto accadde<br />
subito dopo: la crisi del gruppismo extraparlamentare,<br />
la delusione elettorale, la nascita<br />
dei circoli del proletariato giovanile e l’esplosione<br />
del ’77. Una piccola e apparentemente<br />
insignificante distanza di pochi anni (dai tre<br />
ai cinque) segnò “uno scarto generazionale”<br />
e portò a quell’approdo un gruppo costituitosi<br />
su base “amicale”, frutto di affinità elettive,<br />
più che ideologiche.<br />
Prima Linea fu un gruppo armato diverso<br />
dalle Brigate rosse, meno strutturato, non<br />
completamente clandestino, movimentista<br />
e un po’ frikettone. Anche sul piano ideologico<br />
la differenza con le Brigate rosse era notevole:<br />
più rivoluzione messicana, più Emiliano<br />
Zapata e Pancho Villa che rivoluzione<br />
russa, Lenin e Mao Tse Tung.<br />
Quello strano movimento degli studenti,<br />
come fu definito a caldo, visse pochi mesi e<br />
pericolosamente, schiacciato dalle manovre<br />
repressive dello Stato, dall’ostilità messa in<br />
campo dal Pci e dalla carica di violenza che<br />
frange consistenti al suo interno praticavano.<br />
Grispigni traccia la storia del susseguirsi<br />
di episodi cruenti che condizionarono il dibattito<br />
e le prese di posizione. <strong>La</strong> violenza<br />
non fu più solo praticata a scopo difensivo<br />
nei confronti degli attacchi dei neofascisti o<br />
della polizia, erano parti consistenti dei partecipanti<br />
al movimento stesso che attaccavano<br />
e aggredivano, cercando esplicitamente<br />
la radicalizzazione armata del conflitto. Si<br />
trattava spesso di una violenza spontanea,<br />
non irregimentata in forme organizzative,<br />
come al tempo dei servizi d’ordine, praticata<br />
da giovani e giovanissimi in un susseguirsi<br />
di azioni di cui spesso il significato simbolico<br />
ed estetico superava l’analisi <strong>politica</strong>, a<br />
segnare un vitalismo soggettivo, una fascinazione<br />
prodotta dal pensiero negativo, che<br />
si univa, per quanto riguarda quella che si<br />
chiamava l’ala creativa, alla scoperta di un<br />
linguaggio sperimentale nuovo, all’uso del<br />
nonsense e dell’arma dell’ironia per criticare<br />
l’avversario. L’ironia, in determinate situa-<br />
in biblioteca<br />
zioni però può essere segno di debolezza, di<br />
mancanza di prospettive a breve e medio termine,<br />
per cui non resta che demistificare e<br />
“rovesciare” in parodia ciò che l’avversario<br />
propone. Nel libro su Prima Linea Boraso,<br />
nel narrare le imprese sanguinose e cruente,<br />
scrive che da un certo punto in poi “il gesto<br />
simbolico prevale sull’analisi razionale, il<br />
gusto dell’azione sull’elaborazione teorica,<br />
il fatto eclatante sulla parola”.<br />
Questo esercizio della violenza, spesso anche<br />
dentro il movimento, per conquistarne<br />
l’egemonia, fu duramente contrastato dall’ala<br />
dell’autonomia sociale e dal movimento<br />
femminista; ma fu una battaglia sostanzialmente<br />
persa, che provocò l’allontanamento<br />
di tanti giovani dal movimento, da un lato<br />
impauriti e disgustati dalla violenza dello<br />
scontro interno, dall’altro insoddisfatti dal<br />
ritorno della vecchia <strong>politica</strong>. Questa componente<br />
prese un’altra strada, quella della creatività,<br />
dell’invenzione letteraria e linguistica,<br />
una strada che assomigliava alla costituzione<br />
di un’avanguardia artistico-letteraria di massa.<br />
Questa fase si concluse già con la primavera<br />
del 1977; alla fase innovativa, gioiosa<br />
e dissacrante del movimento subentrò l’esercizio<br />
della <strong>politica</strong> e il testimone passò agli<br />
autonomi e ai gruppi della lotta armata che<br />
portarono così a conclusione una storia che<br />
tornò ad essere interna alla parabola della<br />
sinistra estrema italiana. Quest’ala “<strong>politica</strong>”<br />
fu sconfitta e battuta sul campo nel corso<br />
del 1978. Contemporaneamente, nel biennio<br />
1979-80, tra tragedie e sangue, si chiudeva<br />
la storia del “mucchio selvaggio” di Prima<br />
Linea. L’organizzazione implodeva dopo che<br />
negli ultimi tempi, come osserva l’autore del<br />
libro, “la lotta armata viene caricata di tanti<br />
e tali significati da diventare l’unico fine.<br />
L’omicidio politico diventa necessità, scelta<br />
obbligata, automatismo inerziale”; da quel<br />
momento, conclude severamente, la sua storia<br />
diventa “una semplice storia criminale che<br />
di politico ha ormai ben poco”. Con i primi<br />
significativi arresti, nel giro di poche settimane<br />
l’intera organizzazione fu smantellata<br />
e scomparve praticamente di scena già nell’estate<br />
del 1980.<br />
132 l’impegno