20.05.2013 Views

La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

nendo tale formula che la <strong>politica</strong> estera del<br />

governo ottenga il consenso di tutta la maggioranza<br />

prima che l’appoggio di una parte<br />

dell’opposizione, il cui sostegno, senz’altro<br />

auspicabile, deve avere un valore rafforzativo<br />

e non surrogatorio, deve servire a rendere<br />

più forte e autorevole la maggioranza esistente<br />

e non a rimediare all’inesistenza di<br />

una maggioranza.<br />

Non si può, inoltre, fare a meno di osservare<br />

come il tentativo dell’attuale governo<br />

di coniugare la tradizionale fedeltà alla Nato<br />

e agli Stati Uniti con la determinazione a<br />

mantenere buoni rapporti con tutti gli attori<br />

dell’area <strong>mediterranea</strong>, e con l’esigenza di<br />

non fornire argomenti polemici alla sinistra<br />

radicale, il cui appoggio è decisivo per la<br />

sopravvivenza dell’esecutivo, non sia stato<br />

sempre coronato da successo, anzi abbia<br />

sovente messo capo a comportamenti che<br />

hanno suscitato malumori sia a Washington<br />

sia tra i nostri partner atlantici e i nostri interlocutori<br />

regionali, al punto che si potrebbe<br />

essere indotti a pensare che si tratti di<br />

un’impresa impossibile, di una sorta di “quadratura<br />

del cerchio”. Eppure, è proprio questo<br />

il nodo che l’Italia è chiamata a sciogliere<br />

se vuole riuscire a gestire in modo razionale<br />

e <strong>politica</strong>mente avvertito il proprio ruolo<br />

nel travagliato contesto geopolitico dell’“insieme”<br />

mediterraneo. Così come deve<br />

astenersi dal commettere un duplice errore,<br />

in cui purtroppo è incorsa spesso, anche<br />

negli ultimi tempi: da un lato, quello di decidere<br />

se partecipare o meno a missioni militari<br />

potenzialmente rischiose e operativamente<br />

onerose esclusivamente in base a<br />

considerazioni (non sempre attente) di carattere<br />

politico-diplomatico, senza valutare<br />

appieno i costi, i rischi, i benefici, le implicazioni<br />

strategiche e la fattibilità tecnico-mili-<br />

60 Idem, p. 104.<br />

Valter Coralluzzo<br />

tare di tali missioni, col pericolo di finire, in<br />

questo modo, per assumere impegni che sarebbe<br />

meglio evitare; dall’altro, quello di<br />

perseguire “una <strong>politica</strong> di appeasement<br />

omnidirezionale nei confronti degli altri attori<br />

regionali foriera del rischio di dare a quelli<br />

più aggressivi l’impressione di una sostanziale<br />

debolezza e di scarse capacità di manovra”<br />

60 . Del primo errore fornisce, con ogni<br />

probabilità, un esempio la missione in Libano,<br />

considerata dalla maggior parte degli<br />

analisti un azzardo. Del secondo, invece, si<br />

trova traccia nella malcelata propensione ad<br />

affrontare la minaccia terroristica per mezzo<br />

di una strategia che, nutrita da generiche<br />

esortazioni al dialogo interculturale e interreligioso<br />

e da sterili divagazioni pseudosociologiche<br />

sulle cause della fenomenologia terroristica,<br />

pare indulgere fin troppo spesso<br />

ad una sorta di “illusione della santuarizzazione”,<br />

cioè alla speranza, decisamente irrealistica<br />

(specialmente dopo i tragici attentati<br />

di Madrid e Londra), di potersi chiamare<br />

fuori dal conflitto in corso (che l’Islam<br />

avrebbe scatenato soltanto contro Stati Uniti<br />

ed Israele, in risposta alle loro politiche<br />

aggressive e imperialistiche), rifugiandosi in<br />

una comoda (quanto improbabile) neutralità.<br />

E di ciò costituisce un esempio la sciagurata<br />

gestione del “caso Mastrogiacomo”.<br />

Sono errori, questi, che il nostro paese non<br />

si può più permettere di compiere, pena<br />

un’irrimediabile compromissione della sua<br />

credibilità internazionale, specialmente in<br />

un’epoca, come quella inaugurata dalla fine<br />

del bipolarismo e, più tardi, dall’11 settembre,<br />

in cui “non basta più appartenere: occorre<br />

operare, dimostrare, qualificarsi con la<br />

propria presenza e il proprio peso”, perché<br />

“si può anche essere membri in astratto di<br />

qualsiasi organizzazione, foro o alleanza, ma<br />

24 l’impegno

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!