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La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

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turale in senso multipolare del sistema internazionale<br />

- costituisce il modo più semplice<br />

ed efficace per annacquare e far definitivamente<br />

naufragare il progetto politico<br />

europeista, e per far prevalere le ragioni della<br />

solidarietà transatlantica su quelle di un<br />

europeismo “terzaforzista”, sia pure aggiornato<br />

e corretto 46 .<br />

Tante, come si vede, sono le questioni,<br />

aventi direttamente o indirettamente a che<br />

fare con la <strong>politica</strong> <strong>mediterranea</strong> e mediorientale<br />

del nostro paese, rispetto alle quali l’Italia,<br />

sotto il governo Berlusconi, ha finito per<br />

trovarsi isolata, o ha rischiato l’isolamento,<br />

in ambito europeo. A quelle già ricordate se<br />

ne potrebbero aggiungere molte altre; ci si<br />

limiterà a richiamarne una, quella relativa al<br />

giudizio su Arafat e al livello della delegazione<br />

da inviare ai suoi funerali. <strong>La</strong> morte, nel<br />

novembre 2004, del leader storico dell’Olp<br />

ha offerto, infatti, al vicepremier Fini, in visita<br />

a Gerusalemme e a un passo dall’assumere<br />

la titolarità della Farnesina per la nomina<br />

del ministro Frattini a commissario europeo,<br />

l’occasione per alcune dichiarazioni di<br />

inusitata durezza: “È una giornata storica”<br />

per la sicurezza di Israele - queste le parole<br />

di Fini, scevre di ogni umano cordoglio -,<br />

perché è uscito di scena un personaggio che<br />

“ha avuto comportamenti ambigui nei confronti<br />

del terrorismo”, e “se la pace oggi non<br />

è stata raggiunta lo si deve anche a queste<br />

ambiguità”; ecco perché la sua morte apre<br />

“una nuova fase molto importante di speranza”<br />

47 . Inoltre, a differenza di quasi tutti<br />

gli altri governi europei, il governo italiano<br />

decideva di non presenziare ai funerali del<br />

Valter Coralluzzo<br />

rais con il proprio ministro degli Esteri, bensì<br />

con una delegazione formata dal presidente<br />

del Senato Pera, dal ministro per le Politiche<br />

agricole Alemanno e dal sottosegretario<br />

agli Esteri Mantica, al quale ultimo soltanto,<br />

addirittura, si era inizialmente pensato<br />

di affidare la rappresentanza dell’Italia,<br />

dando corpo alla prospettiva, vivacemente<br />

contrastata dall’opposizione di centrosinistra<br />

e più discretamente dal Quirinale e solo<br />

in parte scongiurata dalle scelte successive,<br />

di un’Italia gravemente sottorappresentata,<br />

che poteva giustificare l’impressione<br />

sia di un eccessivo appiattimento sulle valutazioni,<br />

severissime nei confronti di Arafat,<br />

del governo Sharon e dell’amministrazione<br />

Bush, sia di un’inedita volontà di distacco<br />

dalle tormentate vicende dello scacchiere<br />

mediorientale.<br />

Naturalmente, la sistematica riaffermazione,<br />

nella pratica diplomatica se non in termini<br />

di retorica pubblica, del primato delle<br />

esigenze della fedeltà agli Stati Uniti rispetto<br />

a quelle della fedeltà europea, e il contestuale<br />

affievolimento, nel nome del legame<br />

bilaterale con Washington, di quello spirito<br />

europeista, integrazionista e multilateralista<br />

che ha sempre costituito uno degli assi<br />

portanti della nostra <strong>politica</strong> estera, non<br />

hanno facilitato il governo Berlusconi nei<br />

momenti, e ve ne sono stati parecchi, in cui<br />

l’urgenza e la drammaticità di certe situazioni<br />

- si pensi al problema sempre più grave dell’immigrazione<br />

clandestina di provenienza<br />

nordafricana, soprattutto libica - gli hanno<br />

imposto di ricercare (e talora lo hanno indotto<br />

a reclamare a gran voce) l’appoggio e la<br />

46 Ciò premesso, l’opinione di chi scrive è che le ragioni per le quali bisognerebbe prendere<br />

seriamente in considerazione l’ipotesi di un allargamento dell’Unione europea allo stato di<br />

Israele (ragioni sostenute con forza, in Italia, dal Partito radicale) sono tutt’altro che infondate.<br />

47 Cfr. le dichiarazioni di Fini riportate dal “Corriere della Sera” e da “<strong>La</strong> Stampa”, 12 novembre<br />

2004, rispettivamente a p. 6 e a p. 5.<br />

18 l’impegno

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