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La politica mediterranea dell'Italia: continuità e cambiamenti

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Lo “specchio di carta” di Guido Quazza<br />

zione. Il vero amore per i libri, per i suoi libri,<br />

lo lega ai circa dodicimila volumi “letti e posseduti”<br />

chiosati, recensiti, schedati per autore<br />

e soggetto, che ora fan bella costa sugli<br />

scaffali in via del Carmine.<br />

Esemplare archivio di persona quello di<br />

Guido Quazza. Il vincolo archivistico del<br />

produttore stesso lo fa organismo complesso,<br />

sorta di titolario mentale per categorie,<br />

strumentario dell’officina dello storico. Storia<br />

come autobiografia, archivio e biblioteca<br />

come autobiografia, reliquie sottratte alla<br />

dispersione e all’usura del tempo, autorizzano<br />

la metafora dello “specchio di carta”<br />

quale autoritratto della propria produzione/<br />

fruizione intellettuale.<br />

L’appunto “oggi fa un anno dal mio primo<br />

ingresso nell’archivio di stato”, per l’elaborazione<br />

della tesi di laurea sulla guerra di<br />

successione polacca nella crisi europea settecentesca<br />

e i suoi riflessi negli equilibri in<br />

Italia, discussa nel luglio ’45, dice da solo<br />

lo stile, il vizio d’origine di un’incorreggibile<br />

nobiltà d’animo, la vocazione a un amore<br />

tanto grande per la storia. Così, ad esempio,<br />

arte dell’acribia acuminata la personale tassonomia<br />

per le cinquecento tesi di laurea,<br />

direttamente seguite: innovazione e originalità-diligenza<br />

metodologica, trattazione fonti-stile-tono<br />

e, dulcis in fundo, quel “dramatis<br />

personae” a soppesare se possibile<br />

il coinvolgimento dello studente nell’elevata<br />

impresa.<br />

Di lui va infine sottolineato lo strenuo<br />

sforzo per fare il salto di qualità dalla storia<br />

moderna alla storia contemporanea ostracizzata<br />

dall’accademia (dice nulla il preclaro<br />

lapsus “storia temporanea” sfuggito di labbra<br />

in quella stessa giornata?). Ancor più<br />

meritevole dunque il coraggio nella battaglia<br />

ingaggiata e vinta, giacché il contem-<br />

poraneo tanto più è a ridosso a noi, tanto<br />

più ci si presenta davvero terra incognita<br />

dalla consistenza magmatica e in trasformazione<br />

la sua immagine, e si fatica a fare affidamento<br />

su criteri di approccio e strumenti<br />

di misurazione certi, efficaci. Il ritmo della<br />

storia batte una velocità inassimilabile all’intelligenza<br />

dei contemporanei? Ha ragione<br />

Koselleck sulla “non contemporaneità<br />

del contemporaneo”? Ma nemmeno avveduto<br />

e prudente è restare bachi in biancolina<br />

mentre imperversano pubblicistica memorialistica<br />

e politologia perlopiù con armi<br />

improprie, quando si è sorretti dall’intuito<br />

che la vigotschiana teoria dell’anticipo può<br />

essere traslata con buona approssimazione<br />

dalla vita dell’individuo a quella delle aggregazioni<br />

collettive, ben consapevoli che la<br />

storia, tutta la storia, l’intera storiografia è<br />

work in progress. Con un doveroso skhòlion<br />

a margine, l’annotazione che la “scuola”<br />

del suo illustre antagonista Renzo De Felice<br />

è approdata, lei sì, alle estreme conseguenze<br />

facendo proseliti a iosa, dio sa quanti.<br />

Giampaolo Pansa è primo allievo di Quazza<br />

con tesi, nel 1959 (probabilmente primo<br />

caso in Italia), in storia della Resistenza, concretizzatasi<br />

monografia locale paradigmatica<br />

degna di pubblicazione. Poi sarà la volta<br />

di Valsangone dove Quazza era stato partigiano,<br />

fino a mettere a disposizione il proprio<br />

diario, uno dei rari diari messi nero su<br />

bianco in situazione (e pubblicato nel ’66),<br />

e nel ’63 la tesi di Anna Bravo sull’alto Monferrato,<br />

caposaldo della storiografia resistenziale.<br />

Uomo postumo per ingegno e virtù, Quazza;<br />

inattuale, intempestivo, per dirla con<br />

Nietzsche, mentre un cri du chat à la mode<br />

va pervicacemente a incriminare il suo, il<br />

nostro Sessantotto.<br />

a. XXVII, n. s., n. 1, giugno 2007 109

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