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Testo - Antonio Ferrazzani

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Con i suoi venti-e-passa chilometri di fronte mare, essa è una<br />

città di infinite bellezze differenziate e coesistenti. Nella quale si<br />

scivola ininterrottamente accanto alle varie età dell'Antico Egitto,<br />

e in cui d’improvviso si incontra l’antica Grecia e Roma; una città<br />

dai monumenti che possono essere una colonna di granito rosa di<br />

duemila anni, o un antico affresco che narra una scena di campagna<br />

così come vorrebbe ritrarla un pittore moderno con velleità di<br />

imperituro ricordo. Una città che scivola sotto i nostri piedi - o al<br />

nostro fianco - di secoli in secoli. Fino ad oggi.<br />

Nelle sue strade vi sono uomini e situazioni immobili da centinaia<br />

d'anni, quartieri che sembrano scavati con una sgorbia che<br />

non ammette modifiche. E' una città che si conosce bene solo ispezionandone<br />

gli antiquari e i piccoli negozi dei robivecchi, cornucopie<br />

inesauribili di un passato più o meno recente. Dove i ricordi<br />

di ciò che fu si assiepano uno accanto all'altro quasi esemplificando<br />

l'idea dell'eternità. La compresenza di tutti i tempi.<br />

Che si annusa nelle teche dei musei o fra le righe della storia.<br />

Nei cui quartieri antichi ancora si sente l'odore dei cammelli che<br />

cento anni fa si accovacciarono nei loro piccoli khan. Anfushi ne è<br />

un esempio. Insieme a medici sifilitici e ubriaconi dalla cartacea<br />

imbarazzante - almeno per me - eredità. Animali le cui ombre ancora<br />

sgroppano nella città turca, che invase con angusti vicoli ed<br />

abitazioni labirintiche – dai tempi del governo ottomano - la striscia<br />

di terra che giungeva al faro.<br />

Mentre la voce del muezzin impone la preghiera avvoltolandosi<br />

sotto il malandato artritico profilo di un'architettura a volte parzialmente<br />

lignea…<br />

Iridescente nodo palpitante che a noi occidentali capita di conoscere<br />

“appena”, di solo sguardare nei suoi insediamenti poveri a<br />

ridosso del lago Mareotide, densi di una umanità che ci mortifica<br />

con gli sguardi insieme poveri e meravigliosi dei bambini. Di<br />

splendida affascinata fissità. Il cui mondo è per metà evaporato<br />

con le acque del lago, ma che per l'altra metà è ancora lì ad attenderci.<br />

Come a mezz'aria. A metà del cammino fra la dura realtà e i<br />

loro meravigliosi irrealizzabili sogni. O ancora più su.<br />

Sulla Grand Corniche gli ultimi orrori cementizi si affiancano<br />

agli splendori di stili nobilissimi quanto compositi, vittime dei se-<br />

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