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Testo - Antonio Ferrazzani

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Era una tessera dell’ideologia entro il cui ambito lui viveva. Lo<br />

sentiva nel cuore, nel cervello, che Farouk in qualche modo era<br />

stato ucciso dal mondo a cui il ragazzo aveva già preso gusto.<br />

Era la sua civiltà che era giunta a rottamare i bambini, non<br />

quella barbarica dei “mori” cattivi che, in guerra, eviravano i nemici<br />

e gli cacciavano fra i denti quello che restava del loro pene.<br />

Bisognava essere bravi chirurghi, sapere molto bene cosa si stesse<br />

facendo. Per poter fare una cosa del genere, ci volevano autentici<br />

professionisti. Degli specialisti.<br />

Fu un esame di coscienza freddo, lento, ma che nulla poteva<br />

mitigare.<br />

Trascorse l'intero pomeriggio sdraiato nella poltrona che di solito<br />

lo accoglieva, avvinto da una sonnolenta ubriachezza. L'immagine<br />

del ragazzetto lo inseguiva dalla veglia ai sogni e viceversa,<br />

e ogni particolare che aveva acceso la sua simpatia si infiltrava nei<br />

pensieri, nei ricordi, nel quadro di quell'amara prospettiva.<br />

E nei sogni si intrufolavano a ruota libera i personaggi del piccolo<br />

mondo che lo circondava. Mulid che gli faceva dono di uova.<br />

Almèk che pontificava sul passato, sulla giovinezza e sulla speranza.<br />

Nel sogno la donna piccola e nervosamente entusiasta che aveva<br />

visitato il museo di Kavafis si strisciò contro l'uomo dalla<br />

barba antropologica recitando versi che a lui non riuscì di sentire.<br />

Boutigny rise più che mai al di sopra di una mousse al cioccolato in<br />

un angolo del Pastroudis, ancora assolutamente indifferente ai pericoli<br />

che sovrastavano la sacrestana della chiesetta di Kafr-el-<br />

Dawar e le altre donne dagli efficaci pesanti sederi.<br />

Saskia lo salutò un'altra volta con la mano, distante da lui sulla<br />

Canopea.<br />

Sognò anche il funzionario di polizia dalla camicia verde pisello.<br />

Gli tendeva il passaporto mentre Mulid cercava di dirgli qualcosa,<br />

mostrandogli allo stesso tempo uno dei suoi illustrati fogliacci<br />

“medico-chirurgici”. C'era anche Gaia, che qualche giorno<br />

prima aveva lasciato Alessandria per addentrarsi con i suoi ospiti<br />

nelle zone dei reperti archeologici.<br />

Più che di sogni, si trattò di una catena di incubi in cui era<br />

sempre presente Farouk; un laccio che alla fine lo strinse, lo strin-<br />

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