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Testo - Antonio Ferrazzani

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Sarebbe rimasta accanto a suo marito fino al termine di quella<br />

escavazione, di quella caccia all’uomo.<br />

A quell'uomo al centro di Alessandria, di quell’enorme babele,<br />

come lui a volte scherzosamente diceva. Una congerie totalizzante<br />

di persone e di cose, di passato e di futuro, di antico e moderno,<br />

di desideri del cuore e frustrazioni della mente, castello di tutti gli<br />

omicidi e di ogni speranza.<br />

Una babele moderna, in cui purtroppo si cominciavano a<br />

svuotare i bambini come si fa con i piccoli orci di vino dolce. Golosi<br />

delle ultime gocce saporite.<br />

Icona del presente. Espressione anch’essa del “villaggio globale”<br />

dalla rinnovata araldica. Il cui blasone era praticamente campito<br />

di microcircuiti integrati; contro i quali un quadrumane rampasse<br />

su di un'interzatura in cui due delle zampe del primate rendessero<br />

inutilizzabili deferenti e tube, a sbarrare il passo alla vita indesiderata;<br />

e le altre due ripristinassero arterie, istituissero “bretelle”,<br />

affinché spermatozoi e ovuli potessero incontrarsi grazie alla restaurata<br />

fisiologia. In una rinnovata miracolosa viabilità.<br />

Mentre, nella terza parte, enormi fauci avrebbero strizzato fresche<br />

mammelle muliebri, seduttrici mai smagate agli ancora e<br />

sempre oscuri itinerari dell'amore.<br />

Mulid doveva saperne qualcosa di quella perenne malia, secondo<br />

suo marito.<br />

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